{"id":492,"date":"2010-02-27T18:33:50","date_gmt":"2010-02-27T16:33:50","guid":{"rendered":"https:\/\/filosofiaamica.it\/?p=492"},"modified":"2022-07-05T12:10:39","modified_gmt":"2022-07-05T10:10:39","slug":"philosophy-for-children","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/filosofiaamica.it\/filosofia\/philosophy-for-children\/","title":{"rendered":"Philosophy For Children"},"content":{"rendered":"

LA P<\/span><\/strong>4C: STORIA E LEGITTIMAZIONE<\/span><\/strong><\/span><\/span><\/p>\n

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La P<\/span>4C nasce negli anni \u201970 da un\u2019idea di Matthew Lipman, docente di Logica presso il Montclear State College, come metodo didattico attraverso cui  <\/span>sviluppare le capacit\u00e0 logico-cognitve<\/strong> dei giovani. Partendo dall\u2019eredit\u00e0 del filosofo e pedagogista John Dewey, Lipman si \u00e8 reso conto sia dell\u2019importanza di partire dall\u2019esperienza concreta presente del bambino quale stimolo per la ricerca e l\u2019apprendimento, sia dell\u2019importanza di favorire un atteggiamento partecipativo e democratico che porti alla co-costruzione del sapere. <\/span>Lipman aveva infatti constatato la difficolt\u00e0 degli studenti ad affrontare e comprendere la sua materia e voleva trovare un modo per favorire nei giovani lo sviluppo di capacit\u00e0 logiche e l\u2019uso riflessivo del pensiero. <\/span><\/span><\/p>\n

La Philosophy for Children non si occupa di insegnare filosofia, il suo obiettivo \u00e8 piuttosto quello di sviluppare le abilit\u00e0 di pensiero nei bambini di et\u00e0 variabili dalla prima et\u00e0 scolare fino ai primi anni dell\u2019insegnamento superiore e si propone quale modello operativo di educazione del pensiero al pensare. Lipman ha infatti ideato una metodologia che coniuga le esigenze di elaborazione <\/span>concettuale con quelle ludiche come la lettura di racconti e dialoghi comunitari che stimolino il confronto su tali testi con l\u2019aiuto degli insegnanti. Al centro della prospettiva c\u2019\u00e8 l\u2019idea che la classe debba trasformarsi in una comunit\u00e0 di ricerca di tipo filosofico<\/em>, sul modello delle comunit\u00e0 che si raccoglievano intorno a Socrate. Lo scopo \u00e8 quello di raggiungere la chiarezza cognitiva, presupposto dell\u2019azione consapevole. L\u2019intento degli incontri, dunque, non \u00e8 quello di insegnare filosofia, ma indicare una strada che possa aiutare i bambini a pensare, confrontandosi con esperienze diverse, interrogandosi circa la responsabilit\u00e0 della loro stessa educazione, diventando mano a mano soggetti reali del loro divenire. All\u2019interno della comunit\u00e0 di ricerca bisogna cercare di conciliare prospettive ed esigenze diverse, da quella indagatrice a quella dialogica, dal lavoro individuale alla vita collettiva ed ogni membro \u00e8 chiamato a interrogarsi e riflettere attivamente, classificare, individuare similitudini e differenze, elaborare soluzioni inedite, insomma attivare ci\u00f2 che Dewey chiamava inquiry<\/em>, ricerca. <\/span><\/span>I bambini indagano sulla realt\u00e0 che li circonda molto precocemente ed il metodo della Philosophy for Children prende le mosse da questo loro continuo interrogarsi, segno della loro filosofica meraviglia e del legittimo stupore di fronte al mondo. Un corso di filosofia con i bambini non \u00e8 un luogo nel quale si espone la teoria platonica delle idee, ma un processo attraverso cui li si impegna a porre <\/span>domande, a svilupparle e a riferirle al mondo in collaborazione con gli altri.<\/span> <\/span><\/span>Nei corsi scolastici tradizionali o in contesti educativi extra-scolastici, le questioni di senso che pone il bambino sono spesso svuotate. Gli adulti tendono a bloccare questo tipo di domande e impediscono al bambino lo sforzo verso la via della filosofia e quindi del senso. A volte trascurano la domanda, altre volte la evadono oppure edulcorano la realt\u00e0 per paura: spesso noi stessi siamo turbati da queste questioni oppure non osiamo dire che non conosciamo la risposta e temiamo di mostrare i nostri limiti, le nostre debolezze, come se il dubbio e la ricerca non fossero profondamente educativi. <\/span><\/span><\/p>\n

Nelle sessioni di P4C, a partire dalla lettura di brevi racconti, i cosiddetti testi-pretesto elaborati dallo stesso Lipman con lo scopo di fornire spunti su tematiche prettamente filosofiche, si innestano dialoghi filosofici nei quali entrano <\/span><\/span>in gioco tre tipi di pensiero: critico, creativo e caring. La dimensione critica \u00e8 insieme inquisitive <\/em>e deliberative, <\/em>\u00e8 <\/em>governata da regole procedurali funzionali all’individuazione ed alla soluzione dei problemi. Essa presenta, dunque, un’apertura alla ricerca ma anche alla scelta, alla decisionalit\u00e0, alla responsabilit\u00e0 operativa attraverso l\u2019individuazione di criteri, ragioni, giustificazioni, fondamenti in relazione alla specificit\u00e0 dei contesti di riferimento. Consente, inoltre, di operare connessioni e distinzioni, muovendo in direzione ordinatrice. In questo quadro il pensiero critico si articola attraverso la formulazione di giudizi, in una prospettiva autocritica ed autocorrettiva, assumendo valenze metacognitive.<\/span> La dimensione creativa del pensiero si configura, per il filosofo nordamericano, come peculiarmente complessa in quanto implica la possibilit\u00e0 di far simultaneamente riferimento a criteri conflittuali, in vista del superamento delle dicotomie e delle opposizioni attraverso nuove costruzioni ed interpretazioni. Il pensiero creativo \u00e8 quindi un pensiero che vuole “trascendersi”, muovendo oltre schemi e matrici precostituite. In questo senso pu\u00f2 deliberatamente fare a meno di regole e di percorsi codificati, utilizzando una pluralit\u00e0 di veicoli espressivi i quali possono sostituire o affiancare il codice linguistico, preferenziale per la dimensione critica del pensiero.<\/span> Il significato dei termini inglesi to care, to take care of <\/em>rimanda all”‘aver cura”, ad un aprirsi all’esterno, alla dimensione esperienziale ed intersoggettiva, alla responsabilit\u00e0 e senso del valore delle persone e delle cose con cui si entra in relazione.<\/span> L’aspetto valoriale, pertanto, in questa dimensione, \u00e8 estremamente significativo. Attraverso il pensiero, che si traduce in azione, noi diamo senso e valore al mondo, connotandolo di implicazioni affettive, prendendoci cos\u00ec “cura” di quanto ci circonda e di noi stessi.<\/span> L\u2019aspetto cognitivo si arricchisce, quindi, di valenze affettive ed emozionali da cui \u00e8 impossibile prescindere per un rapporto autentico con cose e persone.<\/span><\/span><\/span><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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