{"id":13129,"date":"2020-11-30T17:34:02","date_gmt":"2020-11-30T16:34:02","guid":{"rendered":"https:\/\/filosofiaamica.it\/?p=13129"},"modified":"2020-11-30T18:26:45","modified_gmt":"2020-11-30T17:26:45","slug":"un-sapere-che-trasforma-proposte-di-pratica-filosofica","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/filosofiaamica.it\/applicare-le-pratiche\/un-sapere-che-trasforma-proposte-di-pratica-filosofica\/","title":{"rendered":"Un sapere che trasforma: proposte di pratica filosofica"},"content":{"rendered":"

“Ogni nuovo mattino, uscir\u00f2 per le strade cercando i colori”.<\/em>
\n(Cesare Pavese)<\/em><\/p>\n

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Ad un certo punto, qualcuno ha acceso la luce<\/strong>.<\/p>\n

E ha riportato nel mio\u00a0mondo<\/strong>, quello in cui le cose sono bianche o nere<\/strong>, una vasta gamma di sfumature<\/strong> che, nel corso del tempo, avevo smesso di vedere.<\/p><\/blockquote>\n

Quel qualcuno \u00e8 stato Aristotele<\/strong><\/a>.<\/p>\n

Che, in un passo dell’Etica Nicomachea<\/em>, problematizza l’affermazione socratica secondo cui “chi sa cosa sia il bene, non pu\u00f2 che agirlo”<\/strong>.<\/p>\n

Per Socrate, un po’ come per Buddha, la vera conoscenza<\/strong> non riguarda infatti la sola sfera intellettuale n\u00e9 la dimensione puramente razionale.<\/p>\n

Conoscere significa piuttosto interiorizzare<\/strong> una consapevolezza fino ad agirla.<\/strong><\/p><\/blockquote>\n

Meglio: fino a sentire che non puoi agire diversamente<\/strong>.<\/p>\n

Se lo fai, se ancora scegli il “male”<\/strong> invece del bene, \u00e8 perch\u00e9 non hai davvero compreso.<\/p>\n

Per Socrate questo \u00e8 il naturale approdo della consapevolezza che l‘uomo<\/strong> si distingue dalle altre creature per via della sua ragione<\/strong> e che, dunque, \u00e8 proprio quando segue la ragione<\/strong> che l’uomo \u00e8 realmente tale.<\/p><\/blockquote>\n

Per lo yoga<\/strong>, a tale “necessit\u00e0 del bene” si giunge quando si fa esperienza della interconnessione<\/strong>.<\/p>\n

Ovvero, quando senti, percepisci, realizzi, comprendi, sperimenti<\/strong>, che tutto \u00e8 uno<\/strong> e che qualsiasi cosa tu faccia “all’altro”, la stai in fondo facendo a te stesso.<\/p>\n

In entrambi gli approcci, essere uomini<\/strong> assomiglia allora pi\u00f9 ad un approdo<\/strong> che ad un presupposto.<\/p><\/blockquote>\n

Aristotele sembra pi\u00f9 clemente e ci permette di appropriarci di questa “etichetta” anche quando, pur provando, non siamo in grado di agire in modo virtuoso.<\/strong><\/p>\n

Bisogna tentare,<\/strong> certo.<\/p>\n

Ma non riuscirci o non esserlo sempre e completamente \u00e8 parte del processo<\/strong> che ci guida alla virt\u00f9 o, per dirla in termini pi\u00f9 yogici, alla realizzazione.<\/p>\n

Il tentare<\/strong> stesso, quindi, si configura come cifra della nostra umanit\u00e0<\/strong>. E l’errore, lo sbaglio, sono allora parte del processo.<\/p>\n

Si tratta quindi di spostare l’attenzione<\/strong> dal risultato al percorso e di riconoscere che tra i due estremi<\/strong>, il bianco e il nero, appunto, ci sono tante situazioni intermedie<\/strong> che, forse, valorizzano meglio la complessit\u00e0<\/strong> dell’essere umano e tengono in considerazione i suoi condizionamenti<\/strong>, le sue fragilit\u00e0,<\/strong> le sue difficolt\u00e0.<\/p><\/blockquote>\n

Insomma: Aristotele riconosce diritto di cittadinanza<\/strong> nel mondo umano anche a noi mortali<\/strong> che, un giorno dopo l’altro, ci rimbocchiamo le maniche<\/strong> e proviamo ad essere la versione migliore di noi stessi.<\/strong><\/p>\n

Di certo, tentare di migliorare<\/strong> \u00e8 compito dell’uomo.<\/p>\n

E, in questo yoga e filosofia<\/strong> si rivelano alleate<\/strong>.<\/p><\/blockquote>\n

Vi aspetto allora:<\/p>\n

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