“Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno”.
(Vincent Van Gogh)
“Se avesse potuto, si sarebbe stretta a lui, tenendo i pugni tanto serrati da sentire le unghie infilarsi nel palmo della mano.
Aveva bisogno della sua forza, aveva bisogno del suo amore.
Aveva bisogno che lui vedesse con chiarezza quell’immagine alla quale si stava aggrappando con tutta se stessa e che sapeva essere l’unica cosa che ancora la teneva in vita.
Per la prima volta, lei, aveva bisogno di un sogno, di uno spiraglio, di una promessa.
Aveva bisogno di sapere che, grazie al suo amore, sarebbe riuscita ad uscire da quella spirale che la stava risucchiando, giorno dopo giorno, in un tunnel fatto di comportamenti dei quali lei stessa non riusciva a capacitarsi.
Sentimenti e idee, che con prepotenza cercavano di insinuarsi nella sua mente e paure che non sapeva attribuire se non a ferite che ancora non erano state sanate, erano metà della sua vita. L’altra metà, era l’amore.
Il peso delle cicatrici si faceva sentire giorno dopo giorno, sempre di più e la consapevolezza che le macerie nelle quali stava faticosamente cercando di recuperare frammenti di sé, nascondessero strati di vita che la paura aveva cercato in ogni modo di seppellire, rendevano il suo percorso ancor più tortuoso di quanto avesse immaginato.
Ma quel viaggio dall’altra parte del mondo, sembrava ora un’opportunità per trovare se stessa e non, come la mente cercava di dire, una via di fuga.
Quella via, quella strada che portava alla luce, all’amore, al cambiamento: era quella la strada da percorrere per scavare nei meandri dell’anima.
Era lì, con lui, che lei trovava il coraggio per affrontare le ombre che la stavano risucchiando. Era lì, con lui, che lei riusciva a sentirsi di nuovo se stessa. Era lui che le dava la forza di essere di nuovo in “io”.
Era a lui, stavolta, che doveva affidarsi per affrontare il Viaggio”.
(Da, Quasi un romanzo di Valeria Trabattoni)