La nostra attitudine trasforma ciò che mangiamo

E poi ti ricapita sotto mano un articolo stampato tanto, tanto tempo fa… forse nella vita precedente 😉

“Se è vero che tutti gli esseri umani hanno la necessità di nutrirsi per poter sopravvivere, non è così scontato che tutti gli uomini siano consapevoli dell’effetto che gli alimenti hanno sul piano fisico, psichico e coscienziale. Sono infatti poche le persone che scelgono con cura il cibo tenendo in considerazione la propria costituzione psico-fisica e la capacità dei cibi di influenzare la nostra coscienza.

La scienza della nutrizione in occidente ha fatto passi importanti in questi ultimi cinquant’anni e alcune di queste scoperte sono oggi bagaglio culturale di una parte della popolazione. Poco si sa ancora degli effetti che gli alimenti hanno sulle nostre emozioni e sulla nostra coscienza. Per comprendere questi aspetti possiamo avvalerci della millenaria conoscenza dell’Ayurveda, il più antico corpus di conoscenza medica conosciuto dall’umanità e dello yoga, la millenaria scienza della reintegrazione della coscienza individuale con quella cosmica.

L‘Ayurveda si prefigge di prevenire il disagio psico-fisico, rafforzare la vitalità nell’organismo, accrescere la durata della vita e sviluppare nell’individuo la consapevolezza della propria identitià spirituale. L’ayurveda è costituita da otto branche tra cui la pediatria e l’ostetricia, la ginecologia, la dermatologia, la chirurgia (anche quella estetica), oftamologia, la tossicologia e l’orinolaringoiatria. Nella Craka e nella Sushruta Samitha troviamo indicazioni molto precise ed approfondite su come preservare la vita nel corpo e come accrescere le potenzialità psico-fisiche dell’individuo utilizzando il cibo come una medicina. Il fine dell’ayurveda non è quello di combattere la malattia, bensì di sviluppare un crescente benessere sul piano fisico, psichico e coscienziale. Sono questi infatti i tre piani che caratterizzano l’essere umano e ogni altra creatura dell’universo, dai mammiferi agli esseri votali, dalle piante agli esseri acquatici, dagli insetti fino ai minerali. Si può parlare di medicina olistica solo quando si vede l’essere umano come un essere bio-psico-spirituale e si opera per favorire un equilibrio crescente tra ognuno di questi tre piani.

Caraka e Sushruta affermano nei loro trattati:<<Una determinata dieta o un farmaco specifico non saranno efficaci se vengono assunti di malavoglia dall’individuo. Saranno efficaci solo quando la persona avrà la sensazione che prendendoli sarà in grado di mantenere la propria salute abituale o di liberarsi dalla malattia di cui soffre>>.

Non solo il cibo influenza la salute del corpo, ma la nostra attitudine quando lo consumiamo, il tempo, il luogo e le persone con cui ci associamo quando mangiamo. Tutti questi fattori determinano il risultato finale: benessere, profondo appagamento, gioia e gratitudine oppure irritazione, agitazione, confusione e malattia. tra questi due opposti possiamo trovare una serie infinita di sfumature ed esiti diversi.

Per lo yogi realizzato (colui che in ogni cosa fa comunione con Dio) il cibo è brahman, ovvero, spirito. Vedere il cibo come spirito o come materia è questione di coscienza: il samkya infatti, spiega che gli esseri viventi e gli elementi costitutivi dell’universo hanno la stessa origine nell’essere supremo. Quindi materia e spirito hanno la stessa comune origine divina.

La trasformazione del cibo da materia in spirito dipende dalla coscienza dell’osservatore.

Come spiega la fisica dei quanti, l’osservatore modifica la realtà semplicemente osservandola in quanto ne è parte attiva. Quindi la nostra coscienza gioca un ruolo decisivo in tutto ciò che facciamo, anche quando mangiamo“.

(Fabio Manfredi, Docente del Centro studi Bhaktivedanta, Alimentazione e spiritualità)