“Come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già prima. La prima riga della prima pagina di ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori del libro. Oppure la vera storia è quella che comincia dieci pagine più avanti e tutto ciò che precede è solo un prologo”.
(Italo Calvino)
Da quel momento il tempo si fermò.
Senza darle il tempo di raccontargli di un viaggio lontano e del regalo ricevuto da una persona speciale, lui le prese le mani e, con dolcezza, l’avvicinò a sè.
Il profumo del dopobarba riempiva la stanza e l’aroma del vino inebriava le bocche che, avide, continuavano a cercarsi.
Il buio della notte li avrebbe presi per mano e condotti al di là del pensiero.
Al di là di ciò che sarebbe successo l’indomani mattina.
Senza bisogno di parlare, senza bisogno di chiedere, forse senza nemmeno voler davvero sapere, si abbandonarono ad un sentimento al quale non avevano bisogno di dare un nome.
La dolcezza del respiro si mescolava al calore della pelle e la curiosità di scoprire il corpo dell’altro si accompagnava alla possibilità di rendere quel momento speciale per entrambi.
Gli occhi leggermente socchiusi tradivano il desiderio di osservare un viso ancora sconosciuto e il timore di non ritrovarvi un’espressione che confermasse che ciò che avevano immaginato uno dell’altra fosse reale.
E mentre le lacrime le scivolavano silenziose lungo il viso, lei si rese conto che poteva fidarsi di lui.
Non una parola, non una domanda, non un gesto: solo la voglia di vivere quell’istante e di imprimere ogni singolo attimo di quella notte d’amore nella mente.
Sapeva che avrebbe dovuto lasciarlo andare.
Sapeva che l’avrebbe visto allontanarsi.
Sapeva che il desiderio di partire con lui si sarebbe mescolato a quello di osservarlo scivolare via, silenzioso, dalla sua vita.
Sapeva che non avrebbe potuto fare domande e sapeva che lui non avrebbe chiesto nulla.
Per questo abbandonarsi all’amore era tanto naturale quanto difficile. Nessuna certezza, nessun appiglio e, ancora una volta, nessun punto fermo.
Cosa ne sarebbe stato di lei, ora che il cuore era aperto?
Come avrebbe gestito il fiume di emozioni che tornavano a sgorgare, che davano vita e che facevano così tanta paura?
Come proteggere se stessa dall’amore?
Forse era tardi per porsi queste domande.
Forse non restava altro che accogliere ciò che la vita le stava dando, forse bastava vincere la resistenza a farsi coinvolgere, di nuovo, dal fiume della vita.
Prima che fosse tardi, prima che la vita decidesse di chiudere la porta e di continuare a fluire senza di lei.
Domani si torna a casa.
Domani, un altro treno mi aspetta.
Domani, ancora una volta, mi chiuderò nel mio zaino e mi perderò nel silenzio di un ricordo.
Ancora una volta, camminerò, svelta e spaventata al tempo stesso, tra le vie di Milano.
Ancora una volta, osserverò il cielo azzurro e dirò a me stessa che le tempeste della vita, quelle che fanno tremare la parte più fragile della mia anima, non sapranno mai impedirmi di trovare nella bellezza di un dettaglio una ragione per scrivere.
Per sognare. Per amare. Per vivere.
Grazie a te, allora, per regalarmi ogni giorno la possibilità di vivere attraverso le mie parole.
Grazie a te, che forse continui ad esistere attraverso di me.
Grazie a te, che ti perdi nella notte.
Grazie a te, che rendi la normalità tanto unica.
E grazie a te che, con una mano, mi accarezzi il viso e mi ricordi cosa significhi amare qualcuno semplicemente perchè esiste.
Buona notte, dunque, dolce cavaliere. Ovunque tu sia, chiunque tu sia.
Con affetto, dolcezza e gratitudine,
Valeria