“Vieni tu dal cielo profondo o sgorghi dall’abisso, Bellezza?”
(Charles Baudelaire)
Sbarchiamo dall’aereo che a Pechino è mattina presto, ma l’adrenalina del viaggio e la voglia di gustare ogni attimo di questa esperienza, cancellano immediatamente la stanchezza e mi portano tra le strade di una città che ai miei occhi appare fin troppo simile alle metropoli occidentali.
Solo i colori, il rosso delle lanterne che sembrano tanto finte quanto le colonne dei templi appena ricostruiti, i suoni e i volti delle persone che incroci, così simili tra loro da darti l’impressione di essere quasi omologati, mi ricordano che siamo in Cina.
Il primo impatto con questa enorme fetta di mondo è stato freddo: quanto lontana sembrava l’emozione che ho provato quando ho messo per la prima volta piede in India!
E poi, senza quasi che me ne accorgessi, la Cina ha iniziato ad entrarmi dentro e ad aprirsi un varco.
Anzi, ad aprire un varco.
Giorno dopo giorno mi sono trovata a contemplare la possibilità di viverci in questa città, di lasciarmi trasformare dalla cura con cui ho visto le giovani ragazze tessere lo zucchero filato, dalla delicatezza di un viso segnato dal tempo, dalla dolcezza di una madre che sorride ai figli e che si rivolge, timida e al tempo stesso curiosa, verso il mio obiettivo.
Piano piano le vie dello shopping, le uniche in cui riconosci parole che sai leggere, hanno lasciato il posto alle scritte della metropolitana e, con esse, alla parvenza di quotidianità.
Osservare il regolare svolgersi di una routine che sembra tutto fuor che normale, assorbire i ritmi delle persone che escono dall’ufficio e si mettono pazientemente in coda per i controlli, farsi strada tra la folla per correre a trovare riparo dalla pioggia e perdermi, come rapita, nelle bancarelle che si accendono di nuova luce una volta terminato il temporale.
Muovermi liberamente e senza alcuna paura tra i vicoletti delle zone meno battute della città e catturare, con un flash, momenti di vita vera: dalla cabina del telefono alle indicazioni per i bagni pubblici, dalle stanze dormitorio di cui intravedi soltanto lenzuola colorate agli scorci di conversazioni all’angolo delle strade.
L’emozione che Pechino mi ha regalato nell’ultima giornata prima del ritorno è dovuta proprio al percorso che ho fatto in questi magici 15 giorni.
Come in India, anche stavolta il viaggio è stato qualcosa di più di una semplice vacanza e qualcosa di diverso da un’esperienza.
Come l’India, anche la Cina mi ha trasformata e, anche se ancora è presto per capire come, so che qualcosa è cambiato, so che io sono cambiata. So che ora intravedo possibilità che prima la mente non contemplava, so che ora potrei definirmi cittadina del mondo, so che ora lavorare in un luogo tanto remoto non sarebbe più una sfida, ma un’opportunità.
I frammenti di questa città che ho cercato di cogliere e immortalare nel mio reportage, forse non rendono giustizia alla bellezza dei templi e al fascino della Città Proibita. Ma spero che queste poche righe e le fotografie che le accompagnano, possano evocare nella mente del lettore il profumo di un mondo d’altri tempi che tanto, tanto, ha ancora da insegnare all’Occidente.
E spero che il lettore possa appassionarsi quanto me a questa cultura che, per quanto contraddittoria, è tuttora carica di bellezza e poesia.
Bellezza e poesia: ecco, sono queste le parole che scelgo per raccontarvi “la mia Cina”.
Con la speranza che vogliate continuare a seguire le tappe di questo Viaggio dell’Anima tra le vie del Tao,
Valeria