A man, a woman and a bridge: good night my dear knight

It’s’ a warm, dark, night of september.

They’re standing face to face, looking the river under the bridge.

They talk, they laugh. Sometimes they walk, too.

They would like to look into the other one’s eyes, but they are too shine to do it.

 

Potrebbe cominciare così la nostra storia.

Quella che, la scorsa notte, abbiamo delineato mentre, effettivamente, attraversavamo il Ponte Vecchio e ci dirigevamo a passo spedito verso il Florence Experience.

Peter, scrittore bulgaro-tedesco, trae ispirazione dal paesaggio per uno dei suoi romanzi, di cui, spero, vedremo presto una copia nelle librerie italiane.

Ed io gli faccio eco arricchendo la sua immaginazione con un tocco di femminilità e con un pò di sano romanticismo che coltivo nelle favole che invento quando Filippo è lontano e la voglia di averlo accanto e stringermi a lui si scontra con una realtà nella quale le nostre vite da “pendolari del mondo” ci tengono spesso a distanza.

Lui – Peter – ascolta ed accoglie con curiosità il mio punto di vista.

Sembra divertito e al tempo stesso scettico quando gli dico che la realtà esterna è la manifestazione di ciò che la mente pensa e che l’anima desidera e, nonostante la ritrosia tipica dell’intellettuale, si presta al gioco ed accetta di essere condotto in un tentativo di consulenza filosofica sul modello proposto dal libro “Le lacrime di Nietzsche” che ho appena letto e che è stato il pretesto per iniziare la nostra conversazione.

Divertita e soddisfatta per avere trovato una “cavia”, proseguo la mia indagine nei meandri della psiche del giovane berlinese ed arrivo alla conclusione che gli esseri umani, in fondo, si assomiglino un pò tutti.

Ognuno cerca di trovare la propria strada, di esprimere se stesso e, i più coraggiosi, trovano il modo di non scendere a compromessi e di rendere la vita un’ alleata nel progetto di realizzazione di sè.

Non so se le mie parole riescano a veicolare con esattezza ciò che nel mio intimo è così chiaro e non so se le frasi in inglese, che escono con sorprendente naturalezza, possano tradurre concetti che appartengono alla lingua con i quali sono stati pensati.

Non so se quando gli descrivo la sensazione di trovarmi dentro una bolla, una tra le infinite possibili tra cui potrei scegliere, lui comprenda che l’essere lì, in quel momento, per me significa costruire e dar vita ad un mondo che ha regole precise e che svanirà, come per incanto, nel momento in cui da scrittrice (o aspirante tale), tornerò ad essere semplicemente Valeria.

E non so se quando gli parlo dell’altra me stessa, la bella Valentina, dicendo che la osservo scomparire e ritornare giorno dopo giorno, lui avverta che quello stesso dialogo, quello in cui lui dice che forse dovrei apprezzare di più i lati di Valeria invece che soffermarmi sulle caratteristiche di qualcuno che non esiste, è possibile solo grazie al fatto che, per un pò, Valeria è scomparsa e Valentina ha potuto giocare con la vita di Valeria e di trasformarla un pò.

E tardi, ormai.

E quel dialogo che non sono certa sia avvenuto davvero, quella strada buia, quel luogo inaspettato, quel momento tanto perfetto da non essere esistito, tutto questo, ormai, è entrato dentro di me, pronto a germogliare sotto forma di una storia mai accaduta e di un racconto i cui confini si collocano a cavallo tra il mondo del sogno e quello della veglia.

Mi sveglio, dunque, dopo una notte piuttosto irrequeita, con il desiderio di vivere la mia giornata e di provare a ricordare frammenti di un sogno che ha il potere di orientare le mie scelte e di condurre le mie parole.

Nulla di ciò che è accaduto è reale, nulla di ciò che ho vissuto è davvero successo.

Eppure qui, nel silenzio di questa notte di fine settembre, le emozioni si fanno via via più definite, sino ad assumere la forma di parole che sgorgano, fluide e seducenti.

Mi giro, è tardi.

E’ ora di dormire.

E la notte, stanotte, sarà forse un pò più dolce grazie a quel brivido che mi ha fatta sentire di nuovo donna.

E’ tardi stanotte: domattina tutto questo svanirà. Domattina tornerà ad esistere Valeria. Ma per qualche ora, ancora, voglio che la bolla che abbiamo costruito con il potere della nostra immaginazione possa continuare ad esistere.

Buona notte, dunque, irreale cavaliere.

E buona notte a te, che, a quest’ora sei sveglio ed attendi che io dia vita al mio mondo per poterne far parte.

A presto,

Valeria