“Quando mi prende la depressione, torno a Firenze a guardare la cupola del Brunelleschi: se il genio dell’uomo è arrivato a tanto, allora anche io posso e devo provare a creare, agire, vivere”.
(Franco Zeffirelli)
Zitta zitta, sgattaiolo fuori dalla stanza.
Gli altri ospiti del Florence Experience ancora dormono ed io, fresca di doccia, mi pregusto il rituale mattutino della colazione a base di fette biscottate e marmellata da consumare nel silenzio della sala da pranzo.
Ma la quiete, ovviamente, dura poco!
Pochi attimi dopo aver preparato il thè, infatti, il direttore, Quasim, mi raggiunge e, con un tono talmente persuasivo da non ammettere repliche, cucina un chapati che, nelle sue intenzioni, dovrei consumare insieme ad uno stufato piccante e che io, invece, conservo per il pranzo del mezzogiorno.
Mi piace il clima di questo crocevia di persone, mi piace sentirmi a casa anche in un luogo che non conosco e amo ritagliarmi, nel corso della giornata, attimi “umani”, durante i quali coltivare frammenti di conversazioni che, sebbene non possano essere paragonate al piacere di una telefonata inaspettata da parte di un caro amico, ti regalano un sorriso che fa iniziare al meglio la giornata.
Esco dall’ostello salutando Peter e Brian che, come me e Maria, la ragazza che mi ha iniziato ai piaceri della sangria analcolica, domani partiranno.
Chi torna a casa, chi continua il soggiorno in Italia, chi è già mentalmente immerso nei preparativi del prossimo viaggio: ognuna delle persone che ho incontrato qui ha una storia da raccontare ed un universo nel quale condurti.
Ed io, con la mia “piccola” valigia di sogni e speranze cammino lungo la strada di “casa” e respiro l’aria fresca che dal Ponte Vecchio soffia in faccia dandomi il benvenuto in questa nuova città e in questa nuova vita.
Con affetto e gratitudine per chi ha condiviso le gioie e i racconti di questa seconda settimana da universitaria e con l’augurio che ciascuno di loro possa coronare il proprio sogno,
Valeria”.