“I bar sono luoghi universali, come le chiese, sacri luoghi di ritrovo dell’umanità”.
(Iris Murdoch)
Quando entriamo al bar, non posso fare a meno di sorridere pensando che è passato davvero troppo tempo dall’ultima volta in cui sono “uscita a bere qualcosa” con qualcuno.
Il locale carino, l’atmosfera accogliente. Sedermi sul divanetto mi fa sentire un pò meno a disagio: perchè sono qui? Che cosa mi aspetto da questa serata?
Il mio compagno di viaggio è allegro, ma alcuni gesti e lo sguardo fuggevole mi fanno capire che anche lui non sa esattamente come comportarsi: la complicità e la fluidità delle nostre chiacchierate in spa devono ancora trovare il modo di ripetersi in questo contesto per noi nuovo.
Sono io a rompere il ghiaccio, chiedendo informazioni sulla giornata di allenamento in palestra e, quasi senza che ne accorgiamo, ci ritroviamo a parlare della sua (ex?) fidanzata e delle perplessità che lui ha nel riallacciare una storia che sembra risvegliare in entrambi amore e dolore.
Possibile che amare qualcuno sia così difficile? Possibile che una storia – ogni storia – debba necessariamente metterci a confronto con noi stessi e con le nostre fragilità?
Il pensiero corre immediatamente a Filippo, che, dall’altra parte del mondo, vive la sua vita lontano da me: cosa starà facendo? Anche lui strarà pensando a noi?
Pochi secondi dopo, l’attenzione ritorna sul presente e sul mio interlocutore, al quale rivolgo una domanda tanto semplice quanto spiazzante: “Secondo te” – chiedo “qual è il ruolo del fidanzato? Cioè: cosa dovrebbe fare un fidanzato, qual è il suo ruolo all’interno della coppia? O, detto diversamente: cosa significa essere fidanzati?“.
Lungi dall’essere una domanda provocatoria o una pura curiosità intellettuale, la mia richiesta tradisce, forse, il desiderio di fare chiarezza dentro di me e di capire se i sogni, i progetti, le aspettative che nutro rispetto alla mia relazione siano tanto personali e parziali da poter comprendere come mai, a volte, la distanza tra il mio mondo e quello di Filippo sembri pari ad un abisso, oppure se la situazione che stiamo vivendo sia oggettivamente di difficle gestione e priva di progettualità.
Lui sorride e decide di iscriversi al laboratorio di filosofia del prossimo week end, perchè una risposta a quelle domande ancora non ce l’ha. Anzi, mi dice: “Quelle domande non me le sono mai fatte“.
Lo guardo, e vedo nei suoi occhi sorridenti la traccia di un’anima generosa e sensibile e i muscoli che sfoggia con orgoglio, frutto di ore di allenamento, sembrano in alcuni momenti una corazza che serve a proteggere quelle parte di lui così vincolata al senso del dovere e di responsabilità verso l’altro o a quel lato più tenero del suo carattere che lo spinge a fare da “zio” ai figli degli amici e a girare per negozi in cerca di un regalo appropriato per loro.
La serata passa in fretta.
Nessuno dei due vorrebbe mettere la parola “fine” a quella conversazione che a tratti è sfumata in un dialogo filosofico, in una sorta di reciproca consulenza nella quale, due anime desiderose di conoscersi, lasciano da parte l’artificiosità e i convenevoli e riescono ad entrare in sintonia e a mettersi a nudo senza provare imbarazzo per ciò che desiderano e che pensano.
Torno a casa. E’ tardi. Ma dall’altra parte del mondo la giornata è solo a metà.
Chiamo Filippo e sentirlo mi fa stare bene, mi dà pace. Parliamo come se la distanza e il tempo non esistessero e facciamo progetti su ciò che faremo quando lo raggiungerò: il lavoro, la casa in cui abbiamo abitato lo scorso anno e che anche questa volta avremo a disposozione, i locali in cui andare a mangiare e le relazioni sociali che ci attendono.
Tutto sembra reale e concreto. Tutto sembra bello. Tutto sembra possibile stasera.
E allora voglio godermi questo sogno, il nostro sogno. E voglio credere che, per quanto poco convenzionale, la nostra storia sia qualcosa di prezioso, che merita l’impegno da parte di entrambi.
E merita un pò di fortuna: quel tanto che basta per farci trovare un volo che mi conduca da lui e che permetta a lui di correre (metaforicamente!) da me appena ne avrà l’occasione.
Grazie, dunque, al mio “consulente e consultante” e grazie a Filippo per esserci e per farmi sentire la sua presenza anche da lontano.
Con affetto e gratitudine,
Valeria
Contattami per prenotare l’esperienza della consulenza filosofica in una sessione indvididuale, anche on line: Valeria