“Anche in mezzo ad una folla, gli spiriti affini riescono a comunicare. Si riconoscono tra la folla per qualcosa di familiare, di intimo, che ognuno dei due ritrova nell’altro”.
(Banana Yoshimoto)
Apro gli occhi, guardo l’orologio e mi accorgo che sono solo le tre.
E’ notte, Filippo è accanto a me. Dorme.
L’ora della sveglia è ancora lontana: la mia parte bambina vorrebbe svegliarlo e renderlo partecipe dei pensieri che scorrono a fiume nella mia mente, ma immagino non sia una buona idea.
Allora respiro, mi giro nel letto e mi godo l’atmosfera di quella camera d’albergo che ci vede anche stanotte protagonisti del nostro bellissimo sogno.
I problemi, le difficoltà che un rapporto a distanza porta con sè, le complicazioni che nascono quando cerchiamo di incastrare le nostre vite tanto poco convenzionali e tanto poco strutturate, i miei capricci, le sue chiusure… in questo momento è tutto così lontano.
Tutto, ora, sembra inconsistente e distante, quasi appartenesse ad altre vite e ad altri noi.
Cercando di non fare rumore, allungo una mano ed afferro il telefono, compagno fisso di ogni notte in cui dormire suona un pò come perdere istanti preziosi più che come occasione per rigenerarsi e recuperare le energie.
Trovo senza difficoltà la traccia del 4° livello del GdE e, complici gli auricolari, mi preparo ad iniziare il mio viaggio.
Sto per lasciare Filippo, per lasciare il mondo ordinario per ritrovarmi nel mio luogo incantato, nel mio Spazio Sacro.
Sono avvolta in quella quiete che nella realtà quotidinana ritrovo solo a sprazzi e che cerco di coltivare ogni volta che posso e, sin dalle prime battue, mi sento più rilassata e lascio che i colori dell’arcobaleno sciolgano le tensioni fisiche ed emozionali.
Finalmente l‘intelligenza ostinata sembra placarsi e le forme del corpo fisico scompaiono fino a lasciare affiorare la percezione del corpo sottile, quello che sfugge alle logiche della mente, alle emozioni e ai pensieri che, nello stato di veglia, si riflettono sulle cellule, sino a plasmare il corpo stesso.
E’ lì, in effetti, è nel corpo, che trovo i segni della mia lotta ostinata, dei tentativi di correggere e plasmare la realtà. E’ nell’armonia delle forme o nelle tensioni profonde che riconosco uno schema che si ripresenta o una ferita non ancora guarita.
E’ attraverso l’ovale del mio viso che parlano i miei antenati ed è nelle forme via via più morbide o più asciutte dei fianchi che vedo riflessa la paura di essere rifiutata o la pace di un momento sereno.
Niente altro, come il corpo, è in grado di parlarmi e di rivelare, forse prima ancora dello sguardo, i pensieri che mi abitano e che sembra io abbia ereditato insieme al colore degli occhi o alla linea delle labbra.
Solo durante la meditazione questa frenesia si placa davvero e solo grazie alla pratica costante questo benessere e questa leggerezza trovano spazio nella vita quotidiana, portando gioia e voglia di sperimentare.
E’ la pratica, infatti, che ti trasforma e, se il semplice essere parte del Gioco, fa sì che le cose accadano, è la costanza unita al coraggio di uscire fuori dagli schemi abituali, che ti rendono cosciente di ogni passaggio e di come questo Spiritual Game stia plasmando la tua vita sino a renderla, essa stessa, specchio delle diverse tappe del GdE.
Passano i minuti, l’incontro col Divino Interiore è ormai concluso e io mi ritrovo ancora immobile nel letto, rigenerata e con la piacevole sensazione che il processo si sia concluso. Posso chiudere gli occhi, ora, e tornare a girarmi nel letto, assaporando quel momento prezioso.
In silenzio, sorrido tra me e penso che, in fondo, questi momenti rappresentano, a modo loro, un piccolo segreto ed un piccolo rituale che mi restituisce un’intimità con me stessa che mi era estranea e che inizio ad apprezzare sempre di più.
Filippo si avvicina e si stringe a me: uno sguardo, un sorriso veloce e poi di nuovo gli occhi si chiudono e con loro si chiude anche la mia piccola fuga notturna.
Chissà se domani, quando la luce del sole tornerà ad illuminare le forme del corpo fisico, Filippo noterà quei piccoli, impercettibili cambiamenti che sono avvenuti durante la notte e chissà se vorrà essere lì con me, la prossima volta, nelle distese del Divino Interiore.
Con queste domande mi riaddormento e mi godo le ultime ore di sonno prima che la nuova giornata ci richiami a sè.
Con affetto e gratitudine,
Valeria