“Dopo tutto un’opera d’arte non si realizza con le idee, ma con le mani”.
(Picasso)
Una mattina di Natale di molti anni fa trovai ad attendermi in terrazza una bellissima casetta di legno.
Ogni sera, dopo il lavoro, mio papà era sceso nel suo laboratorio ed aveva progettato e realizzato quello che sarebbe rimasto uno dei regali più preziosi che abbia ricevuto.
Non era una semplice casa delle bambole, infatti, ma una vera e propria abitazione in cui potevo muovermi con agio.
Tutto era curato nei dettagli: la cassetta delle lettere, il campanello, le finestre con le ante scorrevoli e i due ripiani incollati alle pareti, che, insieme alle piccole mensole, sostenevano pentolini, vasetti ed ogni altra cosa mi venisse voglia di portare all’interno di quel luogo protetto che è poi passato in eredità alle cugine più piccole.
Ricordo ancora con estrema vivacità il profumo del legno e la sensazione delle mani a contatto con le pareti ruvide.
Sensazione che oggi, a distanza di anni, ritrovo quando impasto un dolce o pianto un fiore e che continua a regalarmi piacere e tranquillità.
Il contatto con la terra, origine e meta del nostro viaggio, mi riporta infatti alla concretezza della vita e mi ancora al presente, proprio come la meditazione sul respiro.
Ecco perchè capisco la scelta di chi, dopo la laurea e magari dopo alcune esperienze lavorative importanti, ha deciso lasciare tutto e dedicarsi ad un lavoro manuale.
Il termine coniato per questa nuova categoria di professionisti – il cui numero è in continua crescita – è archigiani, per via della commistione tra archiettura ed artigianato.
Sembra però riduttivo pensare ad architettura e artigianato come unici ambiti di riferimento. Sebbene, infatti, la maggior parte di questi giovani lavoratori, la cui età media è compresa tra i 25 e i 35 anni, si dedichi alla produzione di scarpe, gioielli ed oggetti di arredo, non mancano panettieri, liutai e agricoltori.
Il denominatore comune è la scelta di uno stile di vita più sostenibile e la capacità di utilizzare le conoscenze e le competenze acquisite durante il percorso formativo universitario al fine di promuovere la propria attività. Ma anche la possibilità di sfruttare le nuove tecnologie.
Un fare che valorizza l’essere, dunque.
Ed anche un sapere – quello informatico, appunto – che traghetta da una modalità più tradizionale e casereccia di svolgere queste tipologie di lavoro ad un approccio che coniuga tradizione e innovazione, modernità ed apertura e che fa di questi ragazzi non tanto persone desiderose di uscire dal mondo, quanto pionieri di un nuovo approccio alla vita.
La loro scelta, infatti, è la naturale conseguenza di una valutazione etica maturata tanto nei confronti dell’ambiente – molte delle attività hanno un’attenzione particolare per la sostenibilità – quanto dell’individuo.
Uno stile di vita, dunque, che prova a tornare alle origini, al contatto con la natura, ma senza escludere i benefici e i vantaggi del cambiamento.
Il termine stesso archigiani, d’altronde, richiama il concetto di archè – il principio primo da cui tutto ha origine.
Ecco dunque che la terra, l’acqua e gli atomi che i filosofi hanno posto a fondamento delle proprie teorie, sono ancora oggi in grado di generare, di costruire, di aprire le porte ad un modo di vivere che riprende dal passato e pone le basi per un futuro più rispettoso della natura e dell’essere umano.
Al momento la scelta sembra premiare in termini di soddisfazione personale e potrebbe rivelarsi economicamente vincente anche nel lungo periodo, specialmente se queste attività venissero a tutti gli effetti considerate come eccellenza italiana e promosse nei circuiti turistici.
Non ci resta allora che fare un giro tra le botteghe dei nuovi artigiani ed aspettare di scoprire quali ulteriori proposte verranno presentate sul mercato.
Con interesse per un mondo che si reinventa,
Valeria