Dettagli e ambiguità in un week end all’insegna del Gioco

ambìguo agg. [dal lat. ambiguus, der. di ambigĕre «dubitare, essere indeciso», comp. di amb– «intorno» e agĕre «spingere»]. – 1. a. Di significato incerto, che può essere variamente interpretato: parole a.; responso a.; rispose con una frase ambigua; nella logica formale, in contrapp. a univoco, si dice di termine che suggerisce due o più significati differenti (anche equivoco). b. Che lascia perplessi sulle intenzioni, quindi doppio, falso: tenere un contegno a.; presentarsi, muoversi, agire con un fare ambiguo. c. Che dà adito a sospetti di natura morale, equivoco: un ambiente a.; una persona di reputazione a.; una persona, una situazione ambigua. d. ant. Irresoluto, incerto fra due o più parti. 2. estens., non com. Di incerta natura o provenienza: suono, rumore a.; e con accezioni specifiche: malattia a., non chiaramente conosciuta; pianta a., non ancora classificata. 3. In anatomia del sistema nervoso, nucleo a., formazione del midollo allungato dalla quale prendono origine il nervo spinale e le fibre motrici dei nervi vago e glosso-faringeo. ◆ Avv. ambiguaménte, in modo ambiguo, equivoco: rispondere ambiguamente, e più com. comportarsi, agire ambiguamente.

 

Una volta, tanto, tanto tempo fa, una timida Valeria osservava con grande emozione la penna dello scrittore scorrere sulla pagina del libro e fissarvi un pensiero ed una dedica.

Eravamo nel lontano 2010 e il docente in questione era Gianluca Magi, quello stesso autore di best seller che oggi cammina accanto a lei tra le vie di una Bergamo baciata dal sole, ma ancora addormentata.

Il caffè del primo mattino ha dato modo ad entrambi di snebbiare la mente e di immergersi senza esitazioni nell’analisi del sogno della notte appena trascorsa.

Personaggi variopinti (vecchi compagni di classe, un enogmatico sadhu dai tratti simili a quelli del clochard che il giorno prima ho incontrato in stazione centrale e lo stesso Magi in panni decisamente inusuali) hanno caoticamente riempito l’aula dell’oratorio nella quale si sarebbe svolto il 1° livello del Gioco dell’Eroe ed io mi prodigavo a mantenere l’ordine in un contesto che sfiorava il caos.

Stizzita per tale mancanza di rispetto e per il fatto che i partecipanti entrassero ed uscissero dalla sala senza preoccuparsi di disturbare, la-me-stessa-del-sogno (in fondo non troppo distante dalla Valeria che incontro nello stato di veglia), afferra una matita e la lancia con decisione contro la libreria situata nella parete opposta, salvo poi afferrarla al volo quando questa, come un boomerang, torna indietro!

Solo a quel punto, quando con grande soddisfazione mi complimento con me stessa per la presa degna di un giocatore di baseball, la tensione si stempera e il mio sguardo incrocia quello di un Magi che, per tutto il tempo, è rimasto in silenzio, non troppo infastidito dalla cornice poco consona ad un workshop di meditazione.

Pochi minuti dopo (ma chi può dire come scorre il tempo quando sognamo?), eccomi di nuovo nel letto, stavolta con gli occhi aperti ed un ghigno divertito al ricordo di quanto appena accaduto in sogno.

Tentando di interpretare il sogno, riconosco quanto il mio inconscio abbia abbondantemente attinto alla realtà circostante, ma Magi mi sprona a proseguire nell’analisi e mi guida nel tentativo di dare un senso a quanto ho vissuto chiedendomi di associare ogni protagonista ad una parte di me e provando, così, a dissipare le zone d’ombra.

Ed è proprio qui che il dialogo assume le forme di una consulenza filosofica, ovvero quando, di fronte alla mia reticenza nell’accettare di definirmi “ambigua“, ci confrontiamo sul significato che questo termine assume per me e per lui.

Da lì in avanti i piani si con-fondono e il tentativo di esplicitare le diverse accezioni del termine mi costringe a riflettere su una parola che uso quotidianamente ma di cui, mi accorgo, considero solo un aspetto.

Sentirmi, per così dire, con le spalle al muro, costretta a decidere se accettare o rifiutare una definizione o una parte di essa, mi permette e mi obbliga a osservarmi non per ciò che credo di essere o che vorrei essere, ma per ciò che le mie azioni dicono di me e per ciò che il mio comportamento comunica a chi mi circonda.

Ecco, forse è questo il punto: assumere di quando in quando il punto di vista dell’altro per osservare noi stessi e imparare a conoscerci ogni giorno come se ci incontrassimo per la prima volta.

Non so chi sia la figura preposta ad accompagnarci in tale viaggio: un psicologo? un counsellor? forse una guida spirituale?

Probabilmente tutte e nessuna di queste.

Ciò di cui sono persuasa e che la mia formazione e la mia esperienza attestano, è che il filosofo è colui che è in grado di sospendere se stesso e mettere tra parentesi ogni teoria ed ogni modello esplicativo della realtà per fare spazio ad un terreno, quello del pensiero e della ragione, che diventa il punto di incontro per rendere fecondo lo scambio e generare un movimento che è al tempo stesso “ascensivo” e “discensivo”.

Attraverso il dialogo, infatti, il consulente filosofico ti accompagna sempre più dentro te stesso (o meglio, ti invita a scendere in profondità, ad approfondire l’argomento, quanlunque esso sia) e, così facendo, permette alla tua mente di aprirsi, di togliere la ruggine, di scalfire l’abitudine e permette all’anima di elevarsi sia per merito degli argomenti trattati che per il fatto stesso di dialogare e quindi, di dedicare tempo a se stessi e alla contemplazione.

Senza la pretesa di aver risposto a quanti chiedono cosa sia la consulenza filosofica, ma con la speranza di aver aperto un varco ed aver generato curiosità, ringrazio il mio consulente d’eccezione e quanti, in questo week end, hanno fornito ampio materiale per la mia intensa attività onirica!

Ringraziando ancora Gianluca Magi per la sua pazienza e la sua disponibilità, auguro a tutti una buona serata e una notte ricca di sogni,

Valeria

P.s.: siete curiosi di scoprire che cosa è successo davvero al seminario? Leggete qui!

https://www.youtube.com/watch?v=dHL3JzN_z30