Ecco alcuni passi tratti dall’articolo che ho scritto per Consulente.pro.
A fondo pagina le indicazioni per riceverlo in pdf.
È un viaggio breve ma intenso, il nostro.
Che inizia in Grecia e termina in Belgio, che passa dall’Italia e che ci conduce sino al Libano.
È un viaggio che possiamo fare tranquillamente seduti in poltrona, purché la mente sia attiva e curiosa.
È un viaggio filosofico, che riscopre la dimensione pratica di questa disciplina che, con il suo metodo e i suoi contenuti, ci permette di osservare criticamente ciò che accade e di trovare nella riflessione uno strumento utile per migliorare la qualità del nostro essere e del nostro agire.
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Come possiamo pensare, infatti, di non essere pienamente noi stessi anche mentre lavoriamo?
Sia che amiamo profondamente il nostro lavoro, sia che l’impiego che scegliamo sia semplicemente la via più diretta all’ottenimento di uno stipendio, dietro al professionista si trova comunque e sempre la persona.
Che porta, oltre alle proprie competenze e conoscenze, il suo vissuto, la sua storia, le sue abilità. Insomma, quando lavoriamo siamo chiamati in causa in quanto persone. È inevitabile.
Possiamo subirlo, come un dato di fatto, oppure scardinare quell’idea secondo la quale bisognerebbe lasciare fuori dal luogo di lavoro ciò che non ha diretta attinenza con la professione, abbracciando una concezione più ampia del lavoratore.
E qui arriviamo al Belgio, al saggio dell’economista Frederik Laloux “Reinventare le organizzazioni” e all’approccio da lui definito “metodo Wholeness”.
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Filosofia, allora, come accettazione del presente, come forza, determinazione e anche come abitudine a pensare per risorse e coltivare la mentalità dell’abbondanza piuttosto che quella della mancanza. Ovvero: scegliere di focalizzarci su ciò che c’è invece che lamentarci per ciò che scarseggia.
Ed è proprio con questa riflessione che ci dirigiamo verso l’ultima tappa del viaggio: il Libano, terra natale del filosofo Nassim Nicholas Taleb.
Taleb ci prende per mano e ci conduce dal concetto di resilienza (intesa come capacità di non lasciarsi “spezzare” dagli imprevisti) a quello di antifragilità. Parafrasando il titolo del suo libro, potremmo definire l’antifragilitàcome la capacità di prosperare nel disordine, ossia, di trasformare la crisi in un’opportunità per attivare qualcosa di nuovo, di creativo, di originale, di costruttivo.
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