“Quello che vorrei dipingere è la luce del sole sulla parete di una casa”.
(Edward Hopper)
Sola, con la musica in sottofondo, mi godo il momento della giornata che preferisco, quello del tramonto: è uno dei viaggi più belli che ricordi di aver fatto.
Alle mie spalle, Verona ed un cielo prossimo al buio. Davanti a me, Bergamo, casa, e gli spiragli di rosso e viola che si intravedono tra una nuvola e l’altra.
Mi avvolge una strana serenità, fatta di silenzio e calore.
In questo momento non desidero altro che amare e lasciarmi amare e, per la prima volta, mi sento come se non ci fosse nulla di più importante.
La bellezza di un cielo stellato, il profumo dell’erba appena tagliata, il calore del sole sulla pelle, l’abbraccio di una madre o lo sguardo dell’uomo che ami…
Tutto questo è parte di me ed è ciò che contribuisce a rendere meravigliosa la mia vita, eppure, capisco che non è davvero mio: so che, presto o tardi, dovrò lasciare tutto.
Il pensiero di perdere tutto questo mi spaventa, ma, a fine meditazione, mi accorgo che la vera paura è quella di non riuscire più a vivere tutto ciò con amore, gioia, stupore e meraviglia.
Questa è la mia paura: accorgermi, un giorno, di non guardare più il mondo con gli occhi dell’anima.
Perché, se dovesse accadere, so che mi sentirei come se avessi smesso di vivere: sarei già morta e questa condizione sarebbe peggiore della morte stessa.
E allora, l’insegnamento che mi ha lasciato questo quinto livello del GdE, è quello di dedicarmi a ciò a cui tengo di più, la cura dell’anima, così che, quando arriverà il momento di dire di nuovo (o ancora) addio a persone e cose, io possa guardare indietro e accorgermi di essere in pace con me stessa e con ciò che lascio, sperando di aver reso il luogo in cui ho soggiornato, un posto più accogliente di quello che ho trovato e di aver donato a quanti hanno condiviso il Viaggio, qualcosa a cui ripensare con piacere e affetto.
Con gioia e gratitudine per ciò che c’è,
Valeria