Le parole non sono rumori.
L’ho sentita ripetere spesso questa frase nelle ultime settimane e, un pò alla volta, inizio ad intuirne il significato.
Ciò che diciamo, ciò che scriviamo, è come una impronta indelebile che lasciamo in chi ascolta o legge e che lasciamo in noi stessi.
Facciamo continuamente promesse che spesso non manteniamo, esprimiamo desideri dai quali fuggiamo una volta che si avverano, raccontiamo infinite storie nel tentativo di incorniciare gli eventi ed inserire i fatti dentro a schemi che ci danno l‘illusione di avere tutto sotto controllo.
Raccontiamo favole, su noi stessi e sugli altri e spesso ci crediamo così tanto che le rendiamo reali.
Usiamo un numero tendenzialmente ristretto di vocaboli, limitando così non solo la nostra capacità di espressione, ma anche ciò che riusciamo a cogliere nella realtà e ciò che possiamo manifestare.
E ci precludiamo la possibilità di vivere e descrivere tutta quella gamma di sfumature che rende ogni istante diverso dal precedente ed ogni persona unica.
Le parole non sono rumori, no. Ma a volte lo diventano.
Accade quando alziamo la voce nel tentativo di prevaricare l’altro o quando gettiamo frasi alla rinfusa, non per comunicare, ma per gridare al mondo che ci siamo e che vogliamo che qualcuno si accorga di noi.
Le parole diventano rumori quando non sono sorrette da un’intenzione, dalla consapevolezza del loro effetto, quando invece che costruire demoliscono, quando sviliscono o mortificano. Le parole diventano rumori quando perdiamo la capacità di ascoltare noi stessi e gli altri, quando temiamo il silenzio, quando abbiamo paura di sentire ciò che ci viene detto perchè questo ci costringerebbe a metterci in discussione e ci sembra di non avere la forza per affrontare il cambiamento.
Le parole possono diventare rumori per un’infinità di ragioni, ma possono tornare ad essere suoni.
Possono tornare ad esprimere la nostra forza e la nostra determinazione nel perseguire un obiettivo, possono diventare strumento che cura e guarisce, proprio come accade quando ad usarle sono gli sciamani e i cantastorie.
Allora le parole creano. Creano la realtà, creano nuove possibilità e nuovi mondi.
Allora diventano un rituale in grado di condurci nel labirinto magico dell’inesplorato, diventano la via di accesso al mondo extra-ordinario.
In questi casi la parola è ma-gi-ca e tutto ciò che devi fare è avere il coraggio di lasciarti incantare.
Namastè,
Valeria
Appuntamento il 4 e il 5 febbraio con Il Gioco dell’Eroe e il Viaggio nel mondo extra-ordinario.