“Dio ti rispetta quando lavori, ma ti ama quando danzi”.
(Massima Sufi)
L’atmosfera si scalda, l’abito prende fuoco.
Le lanterne posate ai lati del palco gli si stringono attorno dando l’impressione di avvolgerlo in un abbraccio.
La luna è alta nel cielo e la musica ipnotizza la mente, liberandola dal dominio della razionalità e restituendo agli spettatori la capacità di lasciarsi guidare in una dimensione “altra”.
Il corpo, asciutto e scolpito, lo rende simile ad una statua dotata della capacità di movimento e della grazia che solo i danzatori possiedono.
E lui, danzatore lo è. Danzatore spirituale, per essere precisi.
Per questo i suoi gesti, ritmici, sicuri e solo apparentemente spontanei, trascinano gli spettatori in un mondo mitico, come mitico è il tema che Ziya Azazi propone in “Ember“: quello del fuoco, quello di Prometeo che ruba il sapere agli dei per metterlo a disposizione dell’uomo.
E’ il mito della conoscenza, della passione, della ribellione.
E’ la storia dell’uomo che non si accontenta di sopravvivere, ma che, assetato, cerca le sue risposte sfidando gli eventi, sfidando la sorte, sfidando il fato e mettendo a rischio la sua stessa vita per accedere ad un universo che la mente umana può solo parzialmente raggiungere.
Lo spettacolo è breve, ma estremamente intenso.
La scenografia essenziale e minimalista perchè, in questa esibizione, ciò che conta è il vortice in cui si è condotti dalle vesti che ricordano quelle dei Sufi e da quel fuoco che, un pò per volta, illumina il palco per poi, d’improvviso, spegnersi e lasciarci tutti con la sensazione che, quella fiamma, sia ormai dentro di noi e che, pure, non ci appartenga del tutto.
La danza si interrompe: non più ruote e piroettes, non più spostamenti veloci e rapidi cambi di abito: Ziya Azazi si ferma, osserva le fiamme spegnersi e con un gesto ringrazia il fuoco, suo alleato. Poi si rivolge direttamente alla luna, abbandonandosi alla sua luce e comunicando, in questo modo, direttamente con il cielo.
“Inshallah“, sembra dire. E così, una danza diventa un sacrificio, un’offerta simbolica di sè, un rituale sacro.
Come sacro è il fuoco che continua a bruciare in ogni essere che osa varcare i limiti del noto e che affida ogni sua azione a quella forza più grande di noi che ci anima e che ci guida in ogni istante di questa avventura che è la vita.
Con ammirazione e meraviglia,
Valeria