“Nulla è costruito sulla pietra; tutto è costruito sulla sabbia, ma dobbiamo costruire come se la sabbia fosse pietra”.
(Jorge Luis Borges)
Il silenzio si è fatto tanto spesso da diventare tutt’uno con il muro che, alla nostra destra, costeggia il fiume.
Siamo nel cuore della città, in uno dei luoghi simbolo della storia europea.
Peter tenta, non senza un certo imbarazzo, di condividere qualche aneddoto su Berlino e sui luoghi in cui ha vissuto prima di approdare all’appartamento dove ora abita.
Ma la mia mente è altrove, ancorata all’immagine che, da questa mattina, vedo nei suoi occhi quando mi guarda.
Mi sento tanto piccola e inadatta ad una città cosmopolita, in cui gli abitanti passano con naturalezza da una lingua all’altra, in cui autobus e metro non smettono di correre nemmeno a notte fonda e in cui ognuno sembra avere il diritto di essere se stesso.
Da questa prospettiva le esperienze fatte negli ultimi anni, i viaggi, le gratificazioni lavorative, gli studi, perdono consistenza e mi ricordano che tutto è inevitabilmente relativo.
Il mio inglese scolastico, la poca dimestichezza con i temi che lui affronta con disinvoltura e persino il mio amore per la cucina mi fanno sentire tremendamente provinciale: l’Italia stessa, vista con gli occhi del popolo tedesco, sembra lontana dalla percezione che ne abbiamo.
Ma non è questo a turbarmi di più.
Ciò che mi destabilizza è piuttosto la difficoltà a trovare un modo di stare insieme che sia all’altezza delle sincronicità che ci hanno portati, ad un anno di distanza, a rivederci.
Possibile, allora, che le nostre anime siano tanto connesse, ma le periferie siano così lontane? Possibile che siano proprio i reciproci tentativi di raccontarci e spiegarci ad allontanarci?
Peter si avvicina e mi rassicura: le sue parole suonano sincere ed incredibilmente tenere: vorrebbe che tutto fosse esattamente come lo avevo immaginato. E in parte lo è.
Forse, si tratta semplicemente di riconoscere che entrambi abbiamo progettato, e organizzato e creato aspettative.
E ora che la realtà ci riporta dal romanzo alla concretezza, si tratta, per entrambi di fare i conti con qualcosa che è diventato vero e che, in quanto tale, sfugge al controllo.
Sono ancora una volta le parole, quelle che scorrono quasi ininterrottamente dalla sua bocca e quelle che io lascio più volentieri fluire sulla carta o al pc, il mezzo attraverso cui esplorarci e conoscerci e scrivere il presente.
Per creare un ponte e per superare la distanza.
E quelle parole, in particolare, quelle dette quasi sottovoce alla fine della cena, arrivate senza preavviso ma nel momento più adatto, quelle scivolate dalla sua bocca alle mie orecchie, quelle con cui dava voce ai pensieri della mia mente, quelle sì, che sono state esattamente come le avevo immaginate.
Con affetto e gratitudine,
your Country Girl 😉