“Ciascuno di noi incontra la Signora dal cavallo bianco alla fine dei suoi giorni, e non è possibile dimenticarla.”
Prese le dovute precauzioni e fatti i debiti scongiuri, il gruppo si mette al lavoro.
Tutti si ritagliano un momento per riflettere e quindi mettono nero su bianco le parole che vorrebbero vedere scritte sulla propria tomba.
O quelle che , credono, siano più adatte a rappresentarli.
Quale immagine di noi vogliamo lasciare in memoria ai posteri?
E qual è la frase che meglio esprime ciò che siamo e che riesce a catturare la nostra essenza, quel qualcosa che ci caratterizza e ci distingue da ogni altro essere umano?
Scrivere il proprio epitaffio è un buon modo per ripercorrere le tappe della tua vita e per definire in quale direzione vuoi andare.
Senza cadere nell’eccesso di controllo o nella pianificazione esasperata, e, dunque, senza togliere alla vita la sua capacità di stupirci, meravigliarci ed offrirci occasioni ed esperienze inaspettate, mantenere viva la consapevolezza della morte e della limitatezza del tempo a disposzione, ci permette di vivere appieno ogni istante, qualunque cosa questo significhi per noi.
Rallentare, fermarsi e dedicare del tempo all’osservazione consapevole di sè e della propria esistenza, può dunque essere il punto di partenza per una sessione filosofica che trascenda la dimensione meramente autobiografica e che permetta di confrontarsi, con rispetto e curiosità, sulle diverse prospettive con cui affrontiamo la vita e la morte.
E’ ciò accade nel corso del laboratorio, quando ci interroghiamo sulla effettiva possibilità di trasvalutare il significato del rito funebre e ci chiediamo se l’uomo potrà mai accettare davvero la morte oppure semplicemente trovare qualche consolazione ad essa.
La sessione si chiude con la comunità di ricerca divisa a metà: non è necessario arrivare ad una convergenza di visione. Più importante, invece, essere disposti a lasciare che il punto di vista dell’altro apra una breccia nella nostra visione del mondo e ci induca a metterla in discussione, a verificarne la fondatezza, a fare i conti con la parzialità della nostra personale filosofia.
E’ tardi. E’ tempo di chiudere questa parte del percorso e di prepararci per la cena conviviale.
Ci sarà modo e tempo, la sera, di tornare su quanto fatto e di individuare tutte le presupposizioni implicitamente o esplicitamente contenute negli epitaffi e di fare esperienza del metodo di consulenza filosofica di Oscar Brenifier.
Di seguito trovi 4 indicazioni per comporre il tuo epitaffio e gli epitaffi scritti durante il workshop di pratiche filosofiche “Spazi e Società” (uno è mio 😉 ).
Inviami il tuo esercizio e riceverai una proposta per continuare insieme il lavoro filosofico.
- scrivi in modo breve e coinciso (condensa il tuo messaggio in una frase)
- individua il narratore (scegli se scrivere in 1° o in 3° persona)
- identifica il tuo interlocutore (a chi ti stai rivolgendo?)
- trasmetti emozioni (fai in modo che sia d’impatto)
Ed ecco la hit parade degli epitaffi:
- “Era così testarda che alla fine l’universo le diede ragione”.
- “Sono nato. Ho provato ad ordinare il caos e a distruggere l’ordine e alla fine sono morto”.
- “Persona buona, adatta all’esistenza, lascia con dispiacere il futuro”.
- Amò il riposo e non fu mai stanco di vivere, qui giace e vi aspetta”.
- “Cecilia dopo un lungo viaggio è ritornata all’Amore”.
- “Ho cercato i amarvi immensamente. A presto amori miei”
- “La vida es sueno”
- Ha goduto di questa vita e se ne è andato godendo”.
- “Ho attraversato la vita e sono adesso nel nulla della dimenticanza. Ho conosciuto l’amore e non ho, perciò, vissuto invano”.
- “Visse Ascoltò Amò i figli
Grazie alla moglie”.
Prossimo appuntamento con la pratica filosofica a Bergamo: sabato 30 giugno e domenica 1° luglio con “Ragione e libertà: workshop di pratica filosofica“.