“La ferita è il luogo in cui la luce entra in te” (Rumi)
Sette atleti. Sette storie di vita. Sette racconti di chi ce l’ha fatta.
Non senza difficoltà e non senza dover attraversare l’esperienza della sofferenza, del limite e, talvolta, della rabbia.
D’altronde, è proprio questo che rende naturale immedesimarsi nelle storie di Bebe Vio, Simona Quadrella, Ivan Federico e degli altri membri del Team degli Unbreakables della Toyota.
Perché, chiunque abbia attraversato un momento di forte dolore o di smarrimento, chiunque abbia perso qualcuno o qualcosa – magari una parte di sé – può capire come ci si sente nel dover fare i conti con ciò che resta.
E nel dover trovare dentro o fuori di sé un motivo valido per raccogliere i cocci e ricostruire il puzzle della propria esistenza.
E’ qui che ci viene in aiuto il Kintsugi, l’antica arte giapponese del restauro che, invece di provare a nascondere o camuffare le crepe, le valorizza.
Ricoprendole d’oro o di altri metalli preziosi.
Il Kintsugi nasce alla fine del 1.300 in Giappone ed è oggi noto in tutto il mondo, tanto da essere utilizzato da molto artisti e designer di fama internazionale.
Ma il vero valore del Kintsugi sta nel messaggio che esso veicola: le crepe degli oggetti, infatti, sono una chiara metafora delle cicatrici che ogni essere umano porta con sè.
E l’invito che il Kintsugi ci rivolge è quello di cambiare la nostra prospettiva e, invece di fuggire dal dolore o tentare di negarlo, provare ad attraversarlo, prendendocene cura.
Solo così, solo grazie ad un atto di cura, di amore e di fiducia nel processo, ci sarà possibile fare davvero pace con il passato, renderlo parte della storia personale e sfoggiarlo, con lo stesso coraggio e lo stesso orgoglio con cui gli artigiani giapponesi enfatizzano le rotture di un vaso o di una tazza da the.
Quando ci diamo tempo, quando decidiamo che il nostro vissuto merita di essere osservato, rielaborato, ri-significato, ecco che siamo pronti a fare un passo indietro dall’emotività per abbracciare una prospettiva più ampia e globale, in cui l’evento, il trauma, la ferita, diventano parte di qualcosa (noi) che è più del dolore stesso.
Questo è il primo passo per ricominciare.
Da questa prospettiva più ampia, infatti, riusciamo a vedere che qualcosa in noi sopravvive. Sempre e comunque.
Ed è dalla luce che affiora dalle crepe che troviamo le indicazioni su come proseguire il Viaggio e sulla meta da scegliere.
Clicca qui per scoprire la proposta di formazione aziendale sul tema della cura e del Kintsugi.
Con tenerezza e dolcezza verso chi, oggi, si sta prendendo cura delle proprie cicatrici,
Valeria