Questa è l’immagine che ho impostato oggi come sfondo del desktop.
L’ho messa per ricordarmi di tutte le gabbie di cui sono stata prigioniera, di tutte quelle di cui ancora lo sono e di tutte quelle di cui potrei esserlo in futuro.
Sono gabbie le favole che ci raccontiamo su noi stessi, sugli altri, sul mondo, le immagini di noi che costruiamo per impedirci di vedere ciò che c’è davvero – quello che di noi non ci piace, insomma. Sono gabbie gli schemi mentali che generano i problemi.
E’ una gabbia l’ ostinazione a voler risolvere questi problemi usando gli stessi modelli che li hanno generati, così come è una gabbia non voler accettare le cose per come sono o i suggerimenti perchè tanto “io so che cosa è bene, che cosa è meglio, che cosa è giusto”: quanta chiusura in questi modi di fare che, confesso, mi appartengono tutti!
Ho scelto questa immagine per ricordarmi che le gabbie della mente possono essere pericolose e portarci a vivere in un mondo parallelo, quello dei simboli, dei miti, degli archetipi che – in un certo senso – non sono meno reali o meno veri di ciò che possiamo toccare, annusare, vedere con gli occhi – quelli fisici intendo – ma certo possono farci perdere il contatto con ciò che c’è.
E possono indurci a rifiutare ciò che la vita ci offre, qui ed ora, in nome di qualcosa che inseguiamo, senza accorgerci che, così facendo, stiamo in realtà rifiutando la vita, quella a cui tanto aneliamo, senza accorgerci che rifiutiamo le esperienze reali in nome di quelle che vorremmo vivere e questa è l’antitesi della meditazione, della mindfulness, della spiritualità: vogliamo vivere la vita in un certo modo, vogliamo che la vita sia in un certo modo, che si adatti alle nostre esigenze e perdiamo la capacità di stare con le cose così come sono, di giocare con le esperienze, di stare nel mondo, nella diversità, con ciò che esce dagli schemi… di nuovo, quanta chiusura!
Però la porta della gabbia è aperta, perchè le gabbie siamo noi stessi a costruirle e, una volta che le vediamo, che le riconosciamo, smettono di tenerci prigionieri ed, anzi, ci permettono di fare un passo avanti: non possiamo andare davvero avanti se non siamo disposti a prendere in considerazione che, sì, il problema potremmo essere noi!
Che, se le cose sono andate o stanno andando così potrebbe non c’entrare l’universo, potrebbe non c’entrare il mondo, potrebbe non c’entrare nemmeno l’anima: potrebbe trattarsi di noi, di ciò che siamo, del nostro modo di agire e reagire agli eventi: anche questa è stata per me una scoperta… E allora, l’amicizia o la storia d’amore conclusa, sì, forse doveva concludersi, ma forse non abbiamo saputo coltivarla e mantenerla; il cliente che abbiamo perso, sì, forse non era pronto per ciò che gli proponevamo, ma forse non siamo stati in gradi di capire ciò che chiedeva.. e così via…
Non importa, non c’è nulla di male nel vedere i nostri sbagli: è il primo passo per aprire la gabbia.