“Non lasciare che la prudenza del mondo mormori alle tue orecchie” (sri Autoblindo)
Temo che stavolta non basterebbero due occhioni a cui ho donato profondità grazie ad un filo di ombretto ed un pizzico di mascara, né un sorriso reso più brillante dal contrasto tra il colore del rossetto ed il bianco dei denti, per far sì che il mio interlocutore sia così comprensivo quanto lo è stato nel recente passato.
Perciò non Vi parlerò (almeno per il momento) delle meravigliose idee e dei progetti a cui stiamo lavorando, né racconterò delle nostre av-venture.
Non Vi dirò come il Grande Demiurgo abbia manifestato la sua presenza parlandoci attraverso un sole che non avrebbe dovuto sorgere e con il suono della pioggia che, varcando la soglia di casa, ha rinfrescato la pelle ed alleggerito la mente.
Non parlerò della dimora della nostra Guida Interiore – un luogo magnifico, ricco di libri e suggestioni – e tralascerò persino i dettagli sul gusto delle ciliegie appena colte (o quasi) e della sensazione di appartenenza, di casa, di naturalezza che si prova quando ci si lascia semplicemente essere.
No. Oggi Vi parlerò di bolle, di regali e di serenità.
Le bolle sono i luoghi in cui il mito diventa rito. E, da rito, realtà.
Sono spazi immaginali in cui immergersi e in cui portare tutto ciò che va protetto, custodito, coltivato, amato. Nella bolla non trova spazio il richiamo del e al mondo esterno: al loro interno, c’è piuttosto un anelito di vita.
Vi si trova il coraggio di credere e la decisione, intesa tanto come scelta quanto come ferma risoluzione ad accogliere il dono che la vita ti offre.
Ed è proprio qui che gli eventi si trasformano in regali.
All’interno della bolla, infatti, si dischiude la prospettiva della consapevolezza, che riconosce con facilità persone, eventi, oggetti che arrivano improvvisamente nel mondo ordinario, come manifestazioni attraverso cui il Divino parla, gioca con noi e ci ama.
Tutto, nella bolla ha il sapore della meraviglia e, se si scava sufficientemente dentro di sé, si potrà fare esperienza di come, una volta scalfiti gli strati più superficiali della personalità, anche i “no” e i tentativi di contenimento, non siano più uno smacco all’ego.
Al contrario: nel luogo del non-io, proprio perché non c’è posto per l’ego e le sue fragilità, tutto si rivolge direttamente all’anima.
Ecco, allora, che quel “no” diventa piuttosto un’indicazione sulla via da prendere per realizzare pienamente la propria forma, la bellezza, l’unicità dell’essere. Per rendere giustizia a noi stessi, insomma.
Una volta sciolto, il giudizio di valore diventa quindi manifestazione di puro amore, di connessione, di gioia. Di Gaia.
In questo stato di apertura (a tratti, beatitudine), cessa senza alcuno sforzo il desiderio di aggiustare la realtà, di correggere gli eventi, di intervenire sul mondo.
E così, si fa esperienza della serenità, uno stato tanto naturale quanto inaccessibile. Una condizione che si raggiunge dopo aver scavato in profondità dentro se stessi, ma che ha senso solo quando viene condivisa.
Oggi, allora, siete tutti nella mia bolla: come persone, come immagini, come anime in cammino che, lo sento, mi supportano, mi vivono, mi amano.
Grazie, per questi due giorni. Grazie per ogni singolo dettaglio. Grazie per il desiderio – risvegliatosi – di non farmi più male e di smettere di fare del male (le due cose, in fondo, sono le facce della stessa medaglia).
Grazie per il bene,il bello, per la verità, la giustizia e la cura.
Grazie per l’amore, il riconoscimento, lo stato di e-stasi a cui ho avuto accesso.
Grazie perché l’impegno che il Viaggio ha richiesto è diventato forza, flusso creativo, decisionalità consapevole.
Grazie per tutto questo e per quello che, ancora, le parole non hanno trovato modo di esprimere.
Con l’augurio di una buona settimana,
Valeria