“Cammina sul fermo suolo della non-oggettività del reale” (Tilopa)
Il mondo è uno specchio.
Gli altri ci fanno da specchio.
Che effetto fa, allora, vedere la propria immagine riflessa nelle parole che l’altro ti dice, in ciò che scrive, nelle emozioni che trasmette e che ti parlano, in qualche modo, del potere che ciascuno ha di risvegliare qualcosa nelle persone che incontra?
Che ci si imbatta gli uni negli altri con la leggerezza di una foglia o con la dirompente potenza di un mare in tempesta, ogni singolo frammento di realtà ha il potere di vivificarci, risvegliarci alla vita.
Ma, se male utilizzato, il dialogo si fa giudizio, chiusura, scontro, perdita di opportunità.
Le parole che usiamo e che, con tanta, troppa, superficialità spesso riversiamo su chi ci sta accanto e persino su noi stessi, plasmano costantemente la realtà in cui viviamo.
Ecco, allora, che il buon consulente o counsellor filosofico, accompagna il consultante nel processo di riconoscimento del proprio mondo anche attraverso e grazie ai termini che vengono utilizzati dal cliente e lo porta a ri-significarli, quando serve.
Modificare la narrazione che facciamo di noi significa quindi recuperare la possibilità di cambiare le cose anche all’esterno, poiché ciò che pensiamo diventa ciò che siamo e ciò a cui inviamo energia cresce sino a diventare materiale.
E quando ci imbattiamo in qualcuno che restituisce di noi un’immagine che sembra cogliere ciò che siamo in potenza ma che ancora non abbiamo del tutto portato alla luce, sorge allora spontanea la richiesta di essere accompagnati nel processo che ci permette di diventare ciò che potremmo essere.
Di nuovo, consulente e consultante, si trovano a condividere obiettivi e tappe del processo e il filosofo mette a disposizione dell’altro la propria esperienza, il proprio vissuto, la sua presenza.
E’ in questo esserci, davvero, per e con l’altro che l’esperienza dell’incontro filosofico si rivela trasformativa e generativa e che la filosofia torna ad essere un percorso di evoluzione, crescita, esplorazione di sé al di là delle idee preconcette e delle etichette che nel tempo ci hanno dato e ci siamo costruiti.
Meditazione e filosofia, dunque, come opportunità per guardarsi come se ci si vedesse per la prima volta. E di scegliere la propria unicità.
Con stupore e meraviglia per ciò che, in questi giorni scopro di me grazie alle parole e alle immagini dell’altro,
Valeria