La stronza: ironica narrazione di un processo di trasformazione

“Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare”.
(Ben Herbster)

E fu così che, un bel giorno, La Stronza si svegliò.

Dopo mesi si letargo, facilitato probabilmente dalle intense pratiche di meditazione, dall’atmosfera distesa delle giornate estive e dalla vibrante energia di un ritrovato amore, La Stronza tornò a farsi sentire, reclamando a gran voce il diritto di essere ascoltata.

Forte della fragilità della sua ospite e della di lei diffidenza verso il cambiamento, La Stronzasi fece prepotentemente largo tra i pensieri, insinuandosi tra un’idea e l’altra fino a mimetizzarsi con buoni propositi e punti di vista ragionevoli.

Noncurante dei tentativi fatti da quella che ancora si considerava la protagonista della storia, La Stronza divenne un po’ alla volta costantemente presente nella quotidianità della ragazza, influenzandone anche le scelte più banali, come quella del cibo da preparare o dell’abito da indossare.

Inorridita dall’arrendevolezza dell’ormai spaventata giovane e fermamente determinata a rivendicarne i diritti che, a suo dire, erano stati calpestati, La Stronza finì per imporre il proprio punto di vista, trasformando il mondo in cui entrambe prima vivevano, in un luogo pericoloso, popolato da persone malintenzionate, il cui scopo era impedire il successo, la realizzazione personale e professionale e il riconoscimento di entrambe.

In breve tempo, La Stronza si mise all’opera e prese voce non solo attraverso le parole e i gesti, ma anche attraverso lo sguardo vagamente ammonitore che, d’improvviso, si manifestò sul volto di quella che, da padrona di casa, era ormai diventata una semplice coinquilina.

Incurante delle conseguenze e incapace di realizzare che la sua presenza, invece di aiutare e sostenere l’ormai affranta giovane, le stava solo procurando ulteriori grattacapi, La Stronza incontrò un giorno il suo primo, vero ostacolo.

Che si presentò sotto forma di un uomo.

Questi si rese subito conto che la sfida sarebbe stata impegnativa poiché la caparbietà della Stronza era direttamente proporzionale alla sofferenza che lei provava e, sì, anche alla sua capacità di amare.

L’uomo, quindi, si risolse ad intervenire, ma, invece che impugnare le comuni armi umane, si servì della ragione e usò uno schema di pensiero che lasciò La Stronza – così identificata con il modello oppositivo caratteristico del pensiero binario, quello che la faceva oscillare tra il tutto e il niente, il controllo e la perdita di consapevolezza, il bianco e il nero – completamente spiazzata.

Impossibilitata a fermare il potere penetrante del modello non-binario, La Stronza si trovò quindi improvvisamente spiazzata e priva di risposte alle domande che, giorno dopo giorno, si insinuavano nella sua mente e piantavano i semi del dubbio.

Che lei stessa – iniziò a chiedersi – lei, che si credeva l’unico modo che restava alla ragazza per proteggersi, forse in realtà parte dei problemi di colei che voleva tutelare? Che la sua presenza fosse causa o con-causa delle difficoltà che la sua protetta incontrava nel relazionarsi con gli altri e con gli uomini in particolare? Che quel desiderio di libertà, quella ostinazione a definire i confini, e quella convinzione che, se le cose non sono perfette, allora non sono nemmeno degne di essere vissute, fossero, invece che la strada per la felicità, ciò che impediva a lei stessa e a coloro che amava di stare bene?

Incerta sul da farsi, La Stronza, che, per quanto fonte di guai, era comunque intelligente e animata dal sincero desiderio di potersi, un giorno, liberare di se stessa, decise di deporre le armi e di arrendersi all’incessante flusso di vita che alcuni chiamano Tao.

Incapace di opporsi allo scorrere della corrente e, in fondo, persuasa a non farlo, La Stronza, decise che era giunto il momento di rinunciare a se stessa: capì quindi che la vera vita passa dalla morte, intesa come rinuncia a ciò che c’è ed apertura al possibile.

Non restava ora che trovare un modo elegante per prendere commiato.

Stavolta fu la giovane a scegliere per lei e decise di affidare l’immagine della Stronza alle dolci acque del fiume, certa che, appena il tempo sarebbe stato maturo, La Stronza avrebbe avuto la possibilità di rinascere e di diventare, come la sirena della favola di Hans Christian Andersen, una bellissima creatura acquatica, forte a tal punto da sacrificare se stessa per il Vero Amore.

Con amore, gratitudine e tanta ironia,

Valeria