“Non m’interessa la gente che arriva, mi piace la gente che va.
Ci sono addii lunghissimi e altri corti come uno starnuto, ci sono treni
che fanno poco rumore e altri fischiano che è una canzone.
Ci sono innamorati che si raccomandano e si dicono una parola
per ogni chilometro che li dividerà, altri si abbracciano tanto che sembrano
lottare. Ho imparato che i bagagli hanno un peso che influenza il passo.
Mi piace il treno quando prende velocità, immagino quello spostamento
d’aria che sigilla le orecchie, immagino quelli che hanno le valigie grandi
come armadi, mi piace pensare che aprono il finestrino e buttino tutto
al vento”
(Io sono di legno, Giulia Carcasi)
Lascio Napoli con l’immagine del controllore che mi saluta come fossi un’amica di vecchia data e sbarco a Milano aspettandomi, chissà perchè, di incrociare un volto familiare alla fermata della metropolitana: storie di una vita da pendolare.
Per citare chi so che non leggerà quanto scrivo, direi che con questa esperienza ho, abbiamo, sfatato molti luoghi comuni e non solo in ambito lavorativo, seppure la “bergamasca in trasferta” abbia suscitato non poco stupore tra i clienti di Amico Bio.
Ancora una volta, grazie a questa esperienza, ho avuto conferma del fatto che – e di nuovo cito – quando ci rapportiamo agli altri con umiltà, apertura e con la capacità di metterci in gioco, allora ciò che raccogliamo è di gran lunga più di ciò che lasciamo.
Ma l’aspetto lavorativo è quasi marginale rispetto alla ricchezza che ho trovato nelle persone che ho incontrato.
Ognuna con una sua storia, ognuna pronta ad offrirmi una prospettiva diversa su un’unica realtà, quella di un locale per certi versi controverso e che sicuramente avrà bisogno della determinazione e della caparbietà dei titolari per riuscire a diventare ciò che questi coraggiosi imprenditori visionari vorrebbero renderlo.
Scontrarsi con una realtà spesso ostile non per cattiveria o partito preso, ma semplicemente per mancanza di conoscenza, sentirsi trattati in qualche modo da estranei a casa propria è qualcosa che conosco e per questo non posso che tifare perchè un altro sogno possa diventare realtà.
Ora è tempo di tornare, di rielaborare, di lasciare che ciò che ho vissuto si possa sedimentare e di permettere alla Valeria bergamasca – quella delle meditazioni, della consapevolezza, del mindful eating, della filosofia e dei ritmi scanditi dai messaggi del corpo – di tornare a vivere.
Non per rinnegare ciò che è stato in questi due mesi, ma per far sì che, se dovessi tornare (o quando tornerò), io possa dare ciò che, chi mi ha incontrato, ancora non sa di poter prendere da me.
Con affetto e gratitudine per questa vita in continua evoluzione,
Valeria