“L’idea che i soggetti percepiscano una ricompensa dal comportamento e non solo dai risultati, è un concetto estraneo alla tradizione economica” (L. Bruni)
Il Golfo di Napoli si apre in tutto il suo splendore davanti ai nostri occhi.
Siamo arrivati da poco e i partecipanti sono ancora in aula, rapiti dalle parole di Luigino Bruni che ha inaugurato la prima giornata della Summer School promossa dalla Scuola di Economia Civile.
Tema della giornata successiva, quella che vedrà protagonista il Prof. Alberto Peretti, “Il lavoro felice“, ossia, la possibilità di considerare l’attività lavorativa come opportunità per una piena espressione di sé.
Riprendendo e superando l’antica distinzione tra poiesis (attività finalizzata alla produzione di un bene o servizio) e praxis (attività contemplativa), il Prof. Peretti suggerisce che il lavoro possa trascendere la mera utilità, restituendogli, così, pieno diritto di cittadinanza nel regno dell’essere, oltre che in quello del fare.
Senza sacrificare i criteri di produttività, efficacia ed efficienza e senza cadere in una visione utopista dell’azienda, che non tiene in considerazione le problematiche concrete con cui imprenditori e lavoratori devono confrontarsi, ciò che viene proposto è piuttosto una ripresa del concetto di felicità intesa come possibilità di costruzione del proprio destino a partire da una piena assunzione di responsabilità della nostra condizione umana.
E’ quindi il concetto filosofico di eudemonia che sta alla base di questo pensiero e non un’idea di felicità intesa come qualcosa che “accade”, quasi accidentalmente, e che ci vede, in un certo senso, inermi davanti agli eventi e agli alti e bassi della vita.
Vivere in modo eudaimonico significa perciò rispondere e non reagire o, per dirla con le parole di Salvatore Natoli, citate dallo stesso Peretti, “consentire attivamente a ciò che regge la trama del nostro essere”.
Ecco, allora, che lavorare bene, ossia svolgere la propria mansione – indipendentemente da quale sia – nel migliore dei modi contribuisce a renderci ciò che siamo poiché l’impegno, la cura, la precisione, la creatività e tutte le altre qualità che, in base alla tipologia di lavoro, servono, sono elementi in grado di plasmarci come individui, prima ancora che come professionisti.
Esattamente come afferma la Bhagavad Gita a proposito del Karma Yoga, lo yoga dell’azione disinteressata, il cui scopo è l’offerta di sé a mezzo del fare e la realizzazione dell’uomo attraverso un gesto la cui perfezione è da ricercare in quanto fine a se stessa.
Ed è proprio con questo spirito che i partecipanti svolgono l’attività pomeridiana che ho avuto il piacere di co-ideare e co-condurre, regalandoci, anche a pomeriggio inoltrato, proposte innovative e realisticamente applicabili in scuole, aziende e cooperative.
Grazie, allora, agli Organizzatori della Summer School, al Prof. Peretti per la bella opportunità e a chi, con entusiasmo e impegno ha non solo accolto, ma co-costruito.
Con gioia,
Valeria