Dalla frammentazione dell’io all’unificazione col sè: proposte di pratica filosofica

“Ogni anima è lo specchio vivente dell’universo”.

(G.W. Leibniz)

 

Come sarebbe cambiata la storia se… ?

Il termine ucronìa, coniato dal filosofo Charles Renouvier nel 1876, indica la sostituzione di avvenimenti immaginarî a quelli reali di un determinato periodo o fatto storico.

Più semplicemente, ci pone di fronte all’alternativa possibile, a ciò che avrebbe potuto essere.

Tanto a livello storico quanto personale, contemplare ciò che appartiene al campo del possibile si rivela fruttuoso per affrontare con maggiore consapevolezza il presente e, quando serve, per ri-orientare il futuro.

Per questo motivo il consulente filosofico utilizza tali esperimenti mentali e invita, in alcuni casi, il consulente a confrontarsi con la vita che avrebbe potuto vivere e con la persona che avrebbe potuto essere: per risvegliare quelle parti di noi che esistono solo come potenzialità e che, una volta recuperate, iniziano ad agire attivamente nella vita quotidiana.

E’ esattamente ciò che, nello yoga sciamanico, viene chiamato “caccia all’anima“: è il viaggio nel regno del possibile, nel mondo immaginale, nella dimensione in cui reale e possibile si sovrappongono.

Attraverso il respiro e le visualizzazini guidate, infatti, è facile recuperare il contatto con le innumerevoli parti di noi e risvegliarle, facendole vivere sotto forma di impulso creativo e di innovazione.

Tale processo di recupero di frammenti di sè porta immediati benefici psico-fisici e dona una sensazione di completezza come conseguenza dell’avvenuta reintegrazione.

Muoversi con agilità tra l’io potenziale e quello reale diventa così possibile una volta che il consultante abbia compiuto almeno una volta il Viaggio e, quando il canale comunicativo con la dimensione immaginale è aperto, anche lasciare andare parti del proprio io diventa fonte di piacere.

Una volta abbandonata l’identificazione con la personalità, infatti, la vita appare come continua occasione per sperimentarsi e per lasciarsi essere, indipendentemente da come siamo stati in passato.

Da questo punto di vista, allora, la morte è la fonte stessa della vita, ossia la condizione di possibilità che scaturisce dalla disponibilità a cambiare e che permette di giocare con i ruoli e le maschere.

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