Incantesimo d’Amore: trovare se stessi quando l’”io” ci allontana dall’altro

“Vieni, posa la testa sul mio petto ed io t’acquieterò di baci e baci”

(George Byron)

 

La proprietaria del locale sembra la versione femminile di Boy George.

Dall’alto della sua postazione, dirige meticolosamente le operazioni di cassa, riservandosi, di quando in quando, di offrire un drink ai clienti che hanno già parecchie consumazioni all’attivo.

Persone che non potrebbero apparire più diverse vanno e vengono, lanciando sguardi distratti a chi, come noi, sosta davanti al bancone in attesa di raggiungere un livello di stanchezza o di euforia che li porti sul primo autobus diretto a casa.

Con mio grande sollievo, le lancette scorrono in fretta e Peter decide di mettere fine alla serata e al mio disagio.

I suoi inviti a lasciarmi andare sortiscono l’effetto opposto e, più lo guardo, più avverto il peso della distanza.

Possibile sentirsi tanto lontani da qualcuno che ha saputo leggere gli eventi e indovinare il momento perfetto per riapparire nella tua vita?

Forse sì.

Forse accade quando – più o meno consciamente – mettiamo delle barriere per allontanare l’altro e cercare, in questo modo, di proteggerci dall’Amore.

Forse le aspettative e le paure ci spingono, in modi diversi, a chiudere le porte del nostro sentire e isolarci in parole senza senso, che hanno come risultato distorcere i fatti e tradire noi stessi.

Forse a volte la vita ci offre talmente tanto da generare il sospetto che tutto questo Amore, che incessantemente si manfiesta sotto forma di abbondanza, di generosità, di sogni realizzati, di fluidità e gioia, sia troppo per noi.

E allora la mente subentra e si frappone tra noi e quel flusso che ci attrae e che al tempo stesso, restituendoci la consapevolezza della nostra natura divina, ci spaventa.

Forse è da qui che nascono i boicottaggi inconsci: dalla fatica che facciamo nello stare nel ricevere e nel limitarci ad assistere agli infiniti modi in cui l’Universo (o chi per Lui) si prende cura di noi.

Forse è per questo che, stupiti, increduli, felici, per quel nostro modo di essere in risonanza anche se divisi dal tempo e dallo spazio, ci lasciamo sfuggire – o scegliamo consapevolmente di dire – proprio quella frase che porta l’altro a sentirsi respinto, laddove l’unica cosa che vorremmo, è manifestare tutto il nostro desiderio di amare ed essere amati.

Il suo messaggio, il mio desiderio di volare da lui, quella frase mio malgrado ambigua, quella sua risposta che mi fa sentire come se stessi precipitando le cose, il suo dolore alla spalla, il mio timore di aver male interpretato le sue parole e i suoi sentimenti, il tentativo di entrambi di modellare la realtà in base ai desideri dell’altro e le reciproche difficoltà nel seguire fino in fondo ciò che dice il cuore e di trincerarsi dietro ad un’immagine che non rispecchia ciò che in fondo siamo: forse il punto è davvero lasciarsi andare.

Forse il punto è accettare che l’altro ti prenda per mano e ti conduca laddove tu non sei ancora arrivato ed essere disposti a fare lo stesso, permettendo all’Amore di guarirci.

Per godersi il viaggio e tornare a giocare con l’esperienza, come nella più bella delle illusioni.

Il ritorno a casa procede tranquillo. Ridiamo, ci prendiamo per mano e ci stringiamo per proteggerci dal freddo: è il momento di abbandonare la paura, di tornare a noi stessi e di farci avvolgere dal calore della notte.

Con sincera gratitudine per quanto, in questi cinque giorni, ho visto riflesso nello sguardo dell’altro e con la consapevolezza che l’accettazione è il primo passo per scardinare un’abitudine poco funzionale alla piena realizzazione di sè, mi riservo di continuare a giocare la mia partita e di imparare a godere, ogni giorno di più, delle occasioni che la vita offre per essere felice,

Valeria