Il tuo nome, il tuo destino: l’uso dei Lego nel processo di auto-esplorazione

“No” disse il gatto. ‘Le persone hanno dei nomi. Questo perché non sanno chi sono. Noi invece sappiamo chi siamo, quindi non abbiamo bisogno di nomi”.
(Neil Gaiman)

 

All’inizio c’era il mio nome.

O meglio, la storia che mi sono sempre raccontata rispetto ad esso.

C’era quindi il suo significato (di sana e robusta costituzione), c’era la leggenda che vedeva in ballottaggio Valeria e Valentina, l’uno caldamente desiderato dalla mamma, l’altro dal papà. C’era il vincitore, quel Nonno Valerio che ancora oggi vive attraverso le mie scelte e le mie aspirazioni.

C’era persino il nome spirituale, Vimala, che a tratti mi incanta e altre volte mi fa sentire terribilmente inadeguata.

La piattaforma verde su cui avevo disposto gli elementi della scena, quindi, era al gran completo: quello che ancora mancava era qualcuno che mi permettesse di riconoscere ciò che le mani già sapevano e che avevano saputo tradurre in forma grafica, ma che la mente faticava a riconoscere.

In questa nuova geografia dell’anima, ecco allora che lo sceriffo a cui avevo dato il compito di impersonare il famigerato nonno, diventa il mio giudice interno, al quale spesso affido l’ingrato compito di dirmi cosa è giusto e di soffocare l’estro creativo con il suo senso del dovere.

Interessante allora, che, proprio dal lato opposto, io abbia collocato una meravigliosa torta-giocattolo, una di quelle cremose, ricche di panna e con le ciliegie in superficie: l’esatto contraltare del senso del dovere e delle limitazioni che danno soddisfazione alla mente, ma mortificano il corpo e l’anima.

Sfida evolutiva, dunque, disporre nuovamente tutti gli elementi in modo che la nuova rappresentazione sia lo specchio della risoluzione del conflitto interiore e dello scioglimento del senso di colpa.

Risultato: una torta divenuta simbolo della capacità di lasciarsi coccolare e anche un po’ viziare dalla vita, che sia anche momento di unione e condivisione, che sia cibo da cui ogni bocca può sfamarsi e che diventi la conquista di un ritrovato equilibrio in cui ogni parte di me, Valeria, Valentina e Vimala, possa esprimersi e collaborare alla vera missione evolutiva: quella di una vita felice e che, per dirla con Socrate, sia degna di essere vissuta.

Con amore e affetto,

Valeria