Il filosofo John Rawls sostiene che, per avere leggi giuste, i legislatori dovrebbero redigere le leggi come se non sapessero che ruolo occupano all’interno della società.
É la teoria del velo di ignoranza.
In sintesi, le leggi dovrebbero essere così eque e, se vogliamo usare un termine molto diffuso oggi, orientate alla diversity inclusion, da tutelare ogni categoria. E i legislatori, applicando questo velo immaginario, potranno essere più sensibili verso ogni categoria, così da evitare discriminazioni.
La scorsa settimana ho proposto ai bambini delle classi quinte della scuola primaria di Levate (Bg) un’attività ispirata a questa teoria.
Ho suddiviso gli alunni in 4 gruppi da 4, spiegando loro che ogni gruppo avrebbe dovuto definire le regole della loro città tenendo in considerazione questi parametri:
- lavoro (quali sono le attività principali in città? Chi può lavorare? Da che età si inizia? E fino a quando?)
- soldi (chi li gestisce, produce? Dove vengono custoditi)
- salute (chi si prende cura della salute del popolo? Le cure sono gratuite o a pagamento? Se sono gratuite, come fa lo stato ad avere le risorse per finanziarle? Se a pagamento, come sono tutelati i meno abbienti?)
- istruzione (è obbligatoria? come è organizzata la scuola? Chi può insegnare?)
- religione (c’è una religione ufficiale? Che atteggiamento ha la città verso le religioni meno diffuse?)
Due gli aspetti principali da rilevare:
- i bambini non dovevano immaginare una città fantastica, in cui tutto è concesso, piuttosto sviluppare uno sguardo critico, realistico
- le leggi dovevano essere coerenti tra loro e il compito era verificare se le leggi relative ad ogni criterio fossero compatibili.
Grazie a queste due indicazioni, i gruppi di lavoro hanno costruito una vera e propria mappa concettuale con proposte concrete e tendenzialmente realistiche di gestione della città.
L’attività è proseguita con la condizione in cerchio.
Abbiamo analizzato ogni parametro e ciascun gruppo ha spiegato la propria proposta. Ne abbiamo valutato insieme punti di forza e criticità, con l’obiettivo di sviluppare uno sguardo ancora più filosoficamente critico rispetto alle idee emerse.
Infine ogni bambino ha pescato un cartoncino su cui era stato scritto un ruolo, per esempio donna in carriera, figlio di un medico benestante, imprenditore agricolo, insegnante, anziano in casa di riposo e così via.
In quest’ultima fase ci si è chiesti se la propria città tutelasse quella categoria sociale e in quale, tra le 4 città, sarebbe vissuto meglio e perchè.
Il laboratorio ha quindi stimolato senso critico, pensiero creativo e dimensione caring, ossia cura e attenzione verso gli altri.
I bambini si sono impegnati tantissimo, cosa che accade sempre quando si assegna un compito stimolante, che li incuriosisce e che è cognitivamente motivante.
In tutti questi anni di attività, infatti, noto che più “alzo l’asticella”, compatibilmente con le possibilità della classe, più gli alunni si attivano e si sentono motivati a fare bene.
Lo stesso percorso lo applico con successo in azienda, semplicemente cambiando focus.
Per saperne di più sui percorsi di Philosophy for Children e Philosophy for managers©: @valeria