Il Diario Alimentare: quando scrivere significa cambiare

“Le abitudini sono come una fune. Ne intrecciamo un trefolo ogni giorno e ben presto non riusciamo più a spezzarla”.
(Horace Mann)

 

La prima volta in cui ho iniziato ad annotare su un pezzo di carta ciò che mangiavo, mi sono sorpresa.

Da diversi anni, ormai, dedico tempo e cura al momento del pasto: cucino con amore, soprattutto quando ho l’opportunità di avere qualcuno con cui condividere pranzi o cene. Amo scegliere di persona gli ingredienti e stupire i miei ospiti con manicaretti vegetariani e piatti colorati, ricchi di frutta, verdura e cereali.

Eppure, nel momento in cui ho iniziato a tenere un diario alimentare, mi sono resa conto di quanto, spesso, facessi scelte inconsapevoli.

Non che non mi rendessi conto di cosa, quando e quanto mangiassi, ma un conto è essere nel cuore dell’esperienza, ovvero, essere immersi nella cucina di casa o seduti al ristorante, un altro è osservarla da fuori, come uno spettatore.

Trascrivere, oltre a quando, dove e cosa mangio, anche i luoghi in cui lo faccio e i sentimenti o i pensieri che accompagnano questi gesti, ha aperto delle porte inaspettate e, in brevissimo tempo, quello che è iniziato come un esercizio, è diventato un appuntamento con me stessa che mi permette di guardarmi dentro per alcuni attimi prima di reimmergermi nella fitta agenda delle cose da fare.

Dal piatto forte ai condimenti, ci troviamo ad ingerire una buona dose di alimenti che contribuiscono a rendere il corpo forte e robusto oppure ad appesantirlo e caricarlo di scorie inutili.

Solo mettere nero su bianco ciò che consumo durante la giornata mi ha permesso di prenderne coscienza.

E se l’ascolto di me stessa e una – forse – particolare sensibilità, mi hanno permesso di “sentire”, cioè di vivere sulla mia pelle, quanto sia importante nutrirsi in un ambiente sereno, magari in silenzio o con musica classica in sottofondo, di quanto contino l’intenzione e l’atteggiamento con il quale ci sediamo a tavola per evitare che il momento del pranzo o della cena venga inconsciamente abbinato a emozioni o stati d’animo di ansia, tensione, preoccupazione o euforia, ecco che scriverlo, mi ha dato lo stimolo per cambiare.

Sapere, infatti, non basta: è l’azione, la pratica che trasforma. E scrivere è, di fatto, il primo passo verso scelte più oculate.

Per questo ti propongo di provare a ascrivere un diario alimentare per almeno 10 giorni e poi vedere che succede.

E ricorda“Nel momento in cui si porta l’attenzione su qualcosa, anche su un sottile filo d’erba, questo diviene un misterioso e affascinante mondo in se stesso”.

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Valeria


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