“Osare è perdere momentaneamente l’equilibrio.
Non osare è perdere se stessi”.
(Soren Kierkegaard)
Capita, qualche volta, di perdere di vista il proprio centro.
Semplicemente, travolti dagli impegni di ogni giorno e orientati verso l’esterno, si dimentica che le cose possono funzionare solo se riusciamo a mantenere la connessione con la parte più profonda di noi.
Quella che sa, quella a cui possiamo affidarci quando si tratta di decidere cosa sia meglio per noi. Quella che pazientemente aspetta che “l’altro-noi” si rivolga a lei.
Qualche volta le intuizioni arrivano da dentro, in altri casi si presentano sotto forma di un incontro casuale o di un libro che capita tra le mani, o, ancora, di una musica o un’immagine che risveglia la nostra consapevolezza.
Siamo allora davanti a quella che Jung definì “sicronicità“, ossia, una coincidenza significativa.
L’agire basato sull’ascolto di sé permette di prendere decisioni più ponderate, nonostante il tempo di maturazione della scelta sia molto inferiore rispetto a quello che serve alla mente razionale e, soprattutto, a quello che ci prendiamo quando – totalmente disallineati – ci arrovelliamo cercando di capire quale sia la scelta giusta.
Abbiamo, insomma, a disposizione tante risorse e in molti casi è sufficiente che qualcuno ci riconduca a noi stessi per riprendere le redini della nostra vita e procedere a passo spedito.
Può tuttavia capitare che si senta l’esigenza di un aiuto esterno, ossia di una figura che, in modo professionale, ci offra uno spazio ed un tempo per pensare, riflettere, fare pulizia dai condizionamenti, dai blocchi, dalle credenze limitanti che offuscano una chiara percezione del reale. E di noi stessi.
In questi casi, il counsellor e, in particolare, in counsellor filosofico, rappresenta un importante sostegno.
Senza suggerire alcuna risposta e tantomeno indirizzare verso una determinata soluzione, il professionista della relazione di aiuto offre piuttosto delle tecniche che permettono alla persona di avere sempre a disposizione uno strumento da cui ripartire e a cui fare riferimento quando le circostanze lo richiedono.
E gli strumenti del counsellor filosofico sono vari e molteplici.
Alla base c’è il dialogo, fondato a sua volta sull‘ascolto attivo e sull’empatia, ma possono servire anche pratiche di meditazione, come la mindfulness (la via della presenza mentale), oppure tecniche mutuate dallo yoga (come gli esercizi di controllo del respiro) o, ancora, esercizi di visualizzazione e di scrittura creativa (mutuati dalla tradizione filosofica dell’età antica ed ellenistica).
Fondamentale, poi, è l’atteggiamento del counsellor, che sospende per tutto il tempo della sessione il suo punto di vista per accompagnare il consultante nella ricerca della sua, propria, filosofia di vita: quella che, se ben ponderata e se allineata al sentire profondo della persona, permette di vivere una vita autentica e di fare scelte che siano lo specchio dell’essere dell’individuo stesso.
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