“L’acqua non oppone resistenza. L’acqua scorre. Quando immergi una mano nell’acqua senti solo una carezza. L’acqua non è un muro, non può fermarti. Va dove vuole andare e niente le si può opporre. L’acqua è paziente. L’acqua che gocciola consuma una pietra. Ricordatelo, bambina mia. Ricordati che per metà tu sei acqua. Se non puoi superare un ostacolo, giragli intorno. Come fa l’acqua”.
(Margaret Atwood)
Esistono molti metodi per iniziare una pratica filosofica: una domanda, la lettura di un testo, un’esercitazione pratica. Ciò che conta è porsi nei confronti dell’esperienza, qualunque essa sia, con curiosità e con la disponibilità ad osservare se stessi e il mondo a partire dagli stimoli proposti.
Sabato sera, al caffè filosofico, siamo partiti da due bicchieri d’acqua.
“Disponi i bicchieri in un modo che ti rappresenti” chiede David Sumiacher – Direttore del CECAPFI – a Moises, mio compagno al Master in consulenza filosofica e antropologia esistenziale.
E Moises, prendendosi il tempo per velutare gli spazi e gli strumenti a disposizione, decide di porre i due bicchieri uno davanti all’altro, in modo da formare una linea retta che comprende anche il suo corpo.
Già, perché, come si evince dopo una rapida spiegazione, ciò che egli ha vluto esprimere è una visione escatologica del reale, che si fonda sulla credenza che vi sia una linearità nella storia e che ognuno sia chiamato a identificare il senso profondo della sua presenza in questo mondo, così da poter, attraverso le azioni, costruire, giorno dopo giorno, una vita coerente con la propria natura e proiettata verso il raggiungimento di un fine che trascende la dimensione strettamente umana.
Riflettendo, come uno specchio, il processo che ha portato Moises a portare a termine il compito assegnato, David, gli fa notare che sarebbe stato possibile riempire o svuotare i bicchieri, mentre il giovane studente ha deciso di non utilizzarla per l’esercitazione.
Come mai?
Invece di ipotizzare il consulente chiede e invita l’interlocutore ad esplicitare le proprie motivazioni, a portare a galla la sua struttura profonda non più e non solo grazie all’azione, ma anche grazie alla verbalizzazione e all’esplicitazione del significato connesso ad ogni gesto.
Scopriamo così che alla base c’è il desiderio di non invadere il mio spazio (uno dei due bicchieri, infatti, è mio e contiene l’acqua che ho versato poco prima). Una questione di rispetto, dunque. Ed è proprio in nome di questo valore che, osserva Moises, a volte decide di non cogliere pienamente un’opportunità o di non attingere a piene mani a ciò che la vita offre, così da non scavalcare l’altro.
Ancora una volta, l’obiettivo della pratica non è quello di convincere il consultante di un’idea né di indurlo a cambiare atteggiamento: si tratta piuttosto di verificare che tra il valore che guida le nostre azioni e il risultato a cui esse conducono ci sia armonia e che tale risultato ci faccia essere in pace con noi stessi.
Ringraziando per gli spunti offerti, Moises si dice soddisfatto per questa esperienza e dà il via ad un ciclo di domande che permettono a chi muove i primi passi nel mondo della consulenza filosofica, ma anche a chi pratica da tempo e desidera costantemente mettere alla prova i propri metodi, di avere un’idea più precisa degli elementi che sono necessari per la buona riuscita di una sessione.
Empatia, capacità di approfondire, problematizzare, scardinare, attraverso le domande il punto di vista dell’altro, ma anche rispetto per la visione altrui della vita e sincera convinzione che qualunque cosa, anche un semplice bicchiere di acqua, possa rappresentare un’occasione per conoscerci un po’ più a fondo.
Grazie, allora, a David Sumiacher e Leon de Haas che, con disponibilità e pazienza, hanno condiviso non solo metodi e tecniche, ma anche aneddoti e racconti personali che hanno permesso a me e ai miei compagni del Master, di calare, sempre di più e ancora un po’, nozioni e concetti nella concretezza di un mondo e di un contesto nel quale la professione del consulente filosofico creca ancora piena legittimità e pieno riconoscimento.
La loro storia ci dimostra che questo è possibile.
Ed è proprio a quei filosofi, studenti di filosofia e consulenti filosofici, che abbiamo pensato nel progettare il corso “Philosophers in dialogue with the world”: un percorso innovativo che mette chi pratica in contatto con “l’altra metà del mondo”.
A breve tutte le informazioni!
Per prenotare la tua sessione individuale di consulenza filosofica: Valeria