Dieci giorni per un minuto: racconti dal ritiro di meditazione Vipassana

“L’uomo ha bisogno di un caldo silenzio, gli si dà un gelido tumulto”.
(Simone Weil)

 

Dieci giorni.

Dieci giorni di silenzio e di meditazione.

Dieci giorni scanditi da una routine che fa della disciplina la base stessa del successo della pratica.

Dieci giorni in cui si è soli con se stessi e, come spesso viene ripetuto durante i discorsi serali, con la propria miseria.

E per miseria si intende il carico di sofferenza che ciascuno ha e che nasce dalla difficoltà ad accettare le cose esattamente così come sono, senza alcun desiderio o bisogno di correggere, aggiustare, modificare la realtà.

La via proposta per dissolvere ogni avversione è quella di ancorarsi alle sensazioni del corpo e imparare a stare con il dolore (che, quando si sta completamente immobili a lungo, inevitabilmente sorge), esplorandone la vera natura e facendo, progressivamente esperienza di come anch’esso prima o poi cambia forma e si trasforma in pura energia, spesso accompagnata da momenti di rilascio emotivo.

Più difficile paradossalmente è liberarsi dalla bramosia, perché si tratta di restare equanimi anche quando sopraggiungono pensieri o sensazioni positive, che ci catturano con facilità e che, tuttavia, ci imprigionano comunque perché generano attaccamento e, appunto, brama.

La tecnica, quindi, è semplice: scorrere il corpo prestando attenzione alle sensazioni grossolane e sottili che percepiamo di momento in momento e che cambiano costantemente.

Ciò che accade, ad ognuno in modi e tempi diversi, è di iniziare a sperimentare, al di là delle sensazioni più forti, come un sottile strato di vibrazioni fini che si manifestano sotto forma di energia che scorre velocemente dalla testa ai piedi, regalandoci la percezione di un corpo che perde completamente i propri confini, sino a darci la sensazione che l’intera struttura (fisica e mentale) del nostro “io” si dissolva.

Semplicemente, in quei momenti, riconosci che mente e materia sono le due facce di un’unica vibrazione e che tutto è energia.

Il ritiro di Vipassana a cui ho appena partecipato e che ho frequentato anche lo scorso anno, è stata quindi la meravigliosa opportunità per vivere realmente ciò che ho sempre letto sui libri, ossia, appunto, che la realtà è pura energia e che non esiste alcuna differenza tra “dentro e fuori”, perché è proprio la vibrazione prodotta dentro di noi a manifestare la realtà circostante.

Ecco allora che pian piano ci si rende conto di essere noi stessi i creatori di quella miseria di cui si parla. Accettarlo a volte è difficile perché siamo sempre tentati di attribuire agli altri (persone, eventi, fato) il merito o la colpa della nostra felicità o infelicità.

Ma più si osserva la realtà, più ci si risveglia (nel senso letterale di essere svegli, vigili, acuti e attenti), più ci si riassume la responsabilità del proprio destino.

E quel minuto in cui, inaspettatamente, senti il corpo che vibra e che sceglie blocchi, tensioni, emozioni e sprigiona vissuti, energia e consapevolezza, ti ripaga dell’impegno, della costanza e della pazienza dell’intero corso.

Grazie, dunque, per questa opportunità e grazie a chi continua a trasmettere l’insegnamento nella sua forma più pura.

Per info sul ritiro di Vipassana: clicca qui

Con gioia e tantissima energia,

Valeria