“Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza.
I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici”.
(K. Gibran)
Non poteva esserci contesto più adatto e al tempo stesso più delicato in cui parlare di cura.
Se ciascuno di noi, infatti, è stato toccato dall’emergenza Covid, è proprio l’ambiente sanitario che ha vissuto questa esperienza in prima linea. E a 360°.
Ecco perché la giornata formativa era al tempo stesso una sfida ed un dono.
Serviva coraggio per osservare e fare un bilancio degli ultimi mesi, sia sul piano personale che su quello professionale, sul piano individuale e su quello aziendale.
Ma serviva anche la disponibilità a mettersi in gioco come esseri umani, facendo del proprio vissuto e della propria capacità di elaborare gli eventi un dono prezioso che è stato messo a disposizione del gruppo che ha potuto partecipare alla giornata di formazione che si è svolta lo scorso mercoledì.
Ovviamente on line.
Parte dell’obiettivo, in questo caso, era quello di abbattere le barriere e provare ad allestire uno spazio– quello virtuale – che trasmettesse ai partecipanti lo stesso calore e lo stesso senso di partecipazione che si era creato lo scorso inverno durante le giornate di approfondimento sul Metodo Wholeness.
Ed è proprio da ciò che ci eravamo detti e di cui avevamo fatto esperienza in quell’occasione che siamo partiti: dalla capacità di essere resilienti e anti-fragili, di cambiare la prospettiva sugli eventi e dare loro nuovo significato e nuovo valore.
Anche stavolta la giornata è stata una piacevole alternanza di concetti teorici e di pratiche, con particolare attenzione al Kintsugi, l’antica arte giapponese del restauro che ci invita a nobilitare le crepe (e le fratture dell’anima) ricoprendole con lacca dorata.
Inevitabile il passaggio dalla sfera più intima a quella lavorativa: passaggio che diventa funzionale e non limitante se si considera che, in fondo, siamo sempre chiamati in causa in qualità di esseri umani prima ancora che per il ruolo che ricopriamo.
Anche al lavoro.
Grazie a questa consapevolezza diventa allora chiaro che le etichette sono semplicemente un‘abitudine della mente: utili per muoverci nel mondo della dualità, ma poco utili in tutte quelle circostanze in cui vogliamo essere la miglior versione di noi stessi.
Perché lì la persona è presente in tutta la sua interezza e con l’unicità del suo vissuto.
Ecco perché, allora, una giornata di formazione in cui investire non solo sulle competenze tecniche ma soprattutto sul valore umano dei partecipanti.
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Con gratitudine e rinnovato entusiasmo,
Valeria