Consulenza filosofica: la storia di Sara

“Il talento si sviluppa nella solitudine; il carattere si forma nel tumulto del mondo”.
(Johann Wolfgang Goethe)

 

Come posso fare per essere meno impulsiva?

La domanda di Sara* è una tra quelle che i consultanti pongono con maggiore frequenza: chi desidera modificare un lato del proprio carattere, chi trovare una strategia per dare una svolta ad una vita non pienamente soddisfacente, chi vorrebe, invece, vedere una trasformazione nella relazione con le persone care.

La prima fase del processo, che ho ripreso dal metodo proposto dal consulente filosofico francese Oscar Brenifier, conciste nel chiedere al consultante di esplicitare tutte le presupposizioni contenute nella sua domanda.

Mmm…” mi dice Sara “il lavoro si fa impegnativo!“.

In effetti è proprio così: riflettere, ragionare, sono attività che richiedono tempo, dedizione, attenzione e precisione. E, se non siamo davvero abituati ad esercitare le diverse abilità del pensiero, alcune fasi possono spiazzare o richiedere qualche momento in più.

Il nostro elenco fa emergere alcune idee ed alcune emozioni che Sara associa alla sua domanda e tra queste ne scegliamo una per approfondire il dialogo, quella che vede la nostra consultante desiderosa di scoprire quale metodo possa seguire per arrivare all’obiettivo dichiarato precedentemente.

Le propongo quindi di ripensare ad un episodio che ritiene possa essere rappresentativo della sua idea di metodo, ossia: “Se dovessi raccontarmi un evento che rappresenta al meglio cosa sia per te il metodo, quale sarebbe?“.

E così Sara mi racconta della volta in cui ha preparato un dolce seguendo pedissequamente le indicazioni della ricetta.

Il suo esempio ci permette di estrapolare due punti chiave: primo, l’esistenza di indicazioni chiare e precise; secondo, la necessità di seguirle alla lettera.

Si tratta perciò, nel primo caso, di un fattore esterno (la chiarezza delle indicazioni) e, nel secondo caso, di qualcosa che invece ha a che fare con il consultante, ovvero la predisposizione o meno a lasciarsi guidare.

Ed è proprio su questo secondo aspetto che Sara riconosce di avere delle resistenze.

Sembra infatti esserci una parte di lei che spera di avere la strada spianata, ovvero di trovare da qualche parte, una ricetta per la vita, ma, simultaneamente, affiora anche il desiderio di costruirsi autonomamente il percorso, anche se questa strada richiede maggire tempo e non dà garanzie.

La prima, importante scoperta, dunque, è che per Sara non conta solo arrivare al risultato, ma conta anche trovare una via che valorizzi la sua creatività e che le dia la sensazione di aver contribuito attivamente al processo.

Facciamo quindi un ulteriore passo avanti.

Come posso sapere” domando “se un metodo funziona oppure no?”.

Sara risponde che solo l’esperienza ci permette di verificarlo. E tale esperienza può essere la propria o quella delle altre persone. Sembra perciò che solo la verifica e il test della realtà siano in grado di fornire una risposta e che non ci sia modo di sapere se una strada porti alla meta prima che qualcuno l’abbia percorsa.

Il suggerimento di lettura, come è naturale che sia, è “Il discorso sul metodo” di Cartesio.

Ma c’è ancora uno step prima di arrivare alla valutazione finale: propongo di tornare alla domanda originale e, alla luce di quanto emerso, le chiedo se, a questo punto, lei desideri davvero un metodo.

Sara si stupisce nel riconoscere che lei già conosce dei metodi che su alcune persone si sono rivelati efficaci, che potrebbero aiutarla ad essere meno impulsiva, ma stabilisce che desidera forse con maggiore intensità mettersi in gioco personalmente e provare a elaborare una sua strategia, anche se questo richiede maggiore tempo ed energia.

Riconosce anche che, in base alle esperienze passate, il metodo non è stato l’elemento discriminante per la riuscita o il fallimento di un’azione. Sembra, infatti, che le variabili in gioco siano tali e tante da rendere la metodologia un fattore che ricopre un’importanza minore rispetto a quella che aveva immaginato.

Concludiamo la sessione filosofica con qualche minuto dedicato al feedback sulla pratica e Sara si dimostra soddisfatta del nostro lavoro .

“Mi sembra”, dice “che la mente sia sempre impegnata, ma che il tempo in cui riflettiamo in modo sistematico sia davvero poco. Ed bello”, continua, “fermarsi a pensare“.

Felice e soddisfatta per questa resistuzione, saluto la mia interlocutrice e le dò appuntamento alla prossima occasione in cui, insieme, esploreremo la realtà.

Con gioia e gratitudine,

Valeria

 

 

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