“Penso troppo ai come e ai perché, troppo a me stessa. Non mi va che il tempo mi svolazzi intorno battendo le ali”.
(Virginia Woolf)
Ricordo la scena come fosse ieri.
Seduta davanti a me, la selezionatrice mi chiede quanto sia grande a mio parere la stanza in cui ci troviamo.
Ignara della risposta, azzardo un numero.
Solo a fine colloquio, quando ormai sapevo che i giochi erano fatti, ho chiesto il perchè di quella domanda.
Con buona pace della parte più sospettosa di me che, ancora influenzata dai commenti pungenti sulla poca dimestichezza dei filosofi con le questioni pratiche, avevo immaginato che la domanda servisse per scoprire se mi fossi mai davvero “sporcata le mani” con la realtà.
Ma la mia iptesi si è rivelata infondata ed ho invece scoperto che questo genere di domande, formulate in fase di selezione del personale, servono per capire se, in una situazione di stress e a fronte di una richiesta spiazzante, il candidato agisca per metodo o per obiettivo.
Questa storia, che risale a più di tre anni fà, ha ancora oggi il potere di farmi rfilettere.
Come è possibile, mi sono chiesta più di una volta, che sia per me tanto naturale seguire un preciso piano di azione – peraltro efficace – nella vita lavorativa e che mi consente di arrivare ad un risultato senza stress e di affrontare senza gravi problemi gli imprevisti, e mi venga invece ancora ostico ancorarmi alla pratica nella vita privata?
Le emozioni, ovviamente, insieme al carico di aspettative e alle ferite che emergono, giocano un ruolo fondamentale.
In questi casi il consulente filosofico accoglie e accetta tutto ciò che la persona porta nella sessione.
Sarebbe impensabile, infatti, dividere l’esperienza umana in compartimenti stagni e pretendere che il consultante agisca esclusivamente in base a ciò che la ragione suggerisce. Già Platone, in risposta a Socrate, aveva infatti stabilito che la mente, pur detenendo il comando, deve fare i conti con le passioni e, Freud insegna, anche con un nutrito bagaglio di elementi inconsci.
Compito del filosofo, dunque, permettere all’interlocutore di far emergere ciò che c’è, accompagnandolo poi nella cernita e nella definizione del significato che ciascun elemento ha.
Nnn sempre si arriva ad un risultato, se con questo termine intendiamo un’azione risolutiva o un cambiamento. In alcuni casi accade e spesso osservare la questione da una prospettiva inedita porta a nuovi insight.
Ma può anche accadere che il cuore del processo sia la relazione che si instaura tra consulente e consultante, ossia che la vera richiesta del cliente sia avere la possibilità di un dialogo autentico, stimolante, arricchente e che lo lasci con stimoli che apriranno, anche dopo la fine della sessione, nuove porta, nuove domande, nuovi orizznti di senso.
Se anche tu sei alla ricerca del tuo “spazio per pensare“, contattami e prenota una sessione filosfica individuale, in sede (a Milano e Bergamo) oppure on line.
Info e prenotazioni: Valeria