Come si realizza un sogno? Suggerimenti filosofici per passare all’azione

“Sognare un po’ è pericoloso. E il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo”.
(Marcel Proust)

 

Conosco Matteo già da diversi anni: giovane, intelligente, ambizioso e molto, molto creativo, disponibile alla sperimentazione e a mettersi in gioco con esercizi filosofici e pratiche di meditazione, a dimostrazione del fatto che i giovani hanno un grande potenziale da esprimere e che, spesso, serve loro semplicemente un contesto in cui farlo o qualcuno che offra un metodo e qualche strumento per esprimere in maniera più efficace il variegato universo interiore che li anima.

Il tema della nostra consulenza è il lavoro, o meglio, il desiderio di trasformare una passione – quella per la fotografia di moda – in un’attività lavorativa vera e propria, strutturata, remunerata riconosciuta.

Come voglio muovermi?”, chiede. E’ questa la sua domanda iniziale, quella da cui prende avvio la pratica.

Dopo aver chiesto qualche informazione generale che mi aiutasse a farmi un’idea più precisa della cornice dei fatti, utilizzo una tecnica che ho imparato dal consulente filosofico francese Oscar Brenifier, ovvero, quella dell’individuazione ed esplicitazione dei presupposti contenuti nella nostre domande.

Più spesso di quanto si possa immaginare, infatti, le domande contengono già in sé indizi di risposta.

In altri casi, invece, le domande presentano zone d’ombra, margini di ambiguità, generalizzazioni o cancellazioni, ossia, informazioni mancanti, termini che possono assumere significati molto diversi in base a chi li ascolta o espressioni come “mai”, “sempre”, “nessuno”, che rispecchiano solo marginalmente la realtà oggettiva dei fatti e che, tuttavia, molto dicono rispetto al modo in cui chi li usa percepisce il ripetersi di una esperienza.

L’elenco dei presupposti inizia a prendere forma e Matteo ne evidenzia subito due: “Matteo vuole muoversi” e “Matteo crede di voler realizzare il suo lavoro”. Interrompo il flusso di parole per restituire a Matteo il fatto che, nel passaggio dalla verbalizzazione della frase alla scrittura, ci sia stato un cambiamento dal verbo dovere al verbo volere.

Gli chiedo se se ne sia accorto, se l’atto sia stato intenzionale oppure no.

E da qui prende il via la riflessione su cosa significhino per lui questi verbi in relazione all’obiettivo che si prefigge di raggiungere.

Scopriamo così che il volere è associato alla realizzazione, al concludere qualcosa che Matteo definisce “un piccolo lavoro”, mentre il dovere, che istintivamente associa alla costrizione, cambia invece di significato se posto in relazione alla fotografia. Dovere, infatti, mi dice, non è inteso come qualcosa di “duro”, ma di “morbido”.

Propongo allora di descrivere ulteriormente queste immagini e arriviamo a identificare una dovere che sa di costrizione, obbligo, di qualcosa imposto contro la nostra volontà – come quello che Matteo avverte ora verso la scuola – ed un dovere che invece nasce dall’interno e che  si connota come una spinta all’azione, come motore propulsivo, come autodeterminazione.

E che, nel concreto, lui avverte come un invito al fotografare, a trovare modelli e modelle da immortalare in un book da proporre alle agenzie di moda.

Curioso, rifletto tra me e me, che io abbia rincontrato Matteo  – che nell’ormai lontano 2014 aveva contribuito, con i suoi scatti a collezionare immagini per la mia tesi alla Scuola Speriore di Counselling Filosofico di Selene Calloni Williams – proprio ora che i nostri interessi sembrano di nuovo convergere: il cibo, prima, la moda, adesso. Ma questa è la mia filosofia, quella delle sincronicità, del dialogo con l’Universo, della connessione profonda tra le creature e mi riservo di condividerla solo alla fine della consulenza.

Dopo esserci presi il tempo per riflettere su quanto emerso, invito il mio interlocutore a completare l’elenco delle presupposizioni ed emerge, forse non troppo inaspettata, la parola “paura”. Chiedo allora al ragazzo se può meglio spiegarmi in cosa consista questa paura e ne individuiamo due aspetti: uno legato al “ritmo”, all’andamento del processo (la paura di correre, si saltare le tappe), l’altro legato al contenuto, ossia, la paura di sbagliare, che si riferisce, mi spiega, non tanto alle competenze tecniche di fotografo, quanto a quelle di marketing, di promozione di sé e di individuazione di clienti ed agenzie.

Matteo ha le idee chiare, sa cosa vuole, è consapevole delle proprie risorse così come dei suoi limiti e del fatto che serva molta pazienza prima di arrivare al risultato. E’ tuttavia anche fermamente motivato e deciso a non rimandare ulteriormente. Ed è proprio da una parola che spesso è tornata in questa consulenza, la parola “piccolo”, che riprendiamo per trovare delle indicazioni su come agire concretamente, già da domani.

Scopriamo dunque che quel “piccolo lavoro” che egli vuole realizzare è tale in relazione alla sua disponibilità di spazio (il suo studio) e di soldi (per le attrezzature) e anche in relazione alla meta (al suo sogno realizzato), ma è grande per il valore simbolico che ha: come diceva Confucio (e chissà se poi è vero che a dirla sia stata il saggio cinese) “ogni percorso nasce dal primo passo”.

La consulenza è quasi conclusa: sugerisco a Matteo di restituirmi in un’immagine la sua percezione dell’esperienza e mi dice che la fotografia è “bene o male chiara”. Scendiamo allora un po’ più a fondo, per verificare quali siano le zone di bianco e quali quelle di nero e emerge che il tratto mancante, quello che ancora serve per mettere a fuoco l’immagine, non riguarda tanto l’esperienza appena conclusa, quanto quella che vorrebbe fare al prossimo incontro.

Decidiamo dunque di dare un seguito al nostro lavoro e di ritrovarci, la prossima settimana, per muovere ancora un altro passo verso la realizzazioni dei nostri sogni: quello della fotografia per Matteo, quello della filosofia per me.

Sperano che, al prossimo giro, il nostro pc decida di collaborare e di immortalare il nostro lavoro in video!

Con gratitudine per la disponibilità di Matteo e soddisfazione per il percorso svolto insieme,

Valeria