“Il forte, il calmo e costante uso della volontà fa vibrare le forze del creato e attira la risposta dell’Infinito. Così, scoprirai di avere il paradiso nel tuo cuore e nelle tue mani”.
(Paramahansa Yogananda)
Chiedere: per così tanto tempo non sapevo come farlo!
Cresciuta in una famiglia che mi ha insegnato che c’era qualcosa di sbagliato nel chiedere, che “era meglio rimetterci“, che “c’era da avere vergogna nel chiedere“, ho finito per smettere di farlo.
E ho finito per pensare di poter fare a meno di molte cose.
Chiedere era diventato sinonimo di situazione di difficoltà da celare, di incapacità di provvedere a me stessa, di condizione di disagio nella quale mi trovavo (la prospettiva auspicata era quella dell’assoluta indipendenza) e nella quale avrei messo gli altri.
Già, perché spesso mi sono trovata (nulla accade per caso, è proprio il caso di ricordarlo!) a chiedere proprio a coloro che, per mille motivi, erano meno indicati (o, quantomeno, impossibilitati) a dare. E che, di conseguenza, vivevano molto male le mie (spesso legittime) esigenze di ricevere.
E così, giorno dopo giorno, anno dopo anno (ricordiamoci che le abitudini si costruiscono a partire dalle piccole azioni quotidiane) ho interiorizzato la credenza che avrei dovuto cavarmela da sola, sempre e che avrei dovuto raggiungere un livello di autosufficienza tale da non dover dipendere mai da nessuno.
Questo, da un lato, mi ha permesso (e mi sprona tuttora) di costruire la mia indipendenza e di acquisire più fiducia nelle mie capacità, ma, dall’altro, ha anche minato la mia autostima, generando piano piano in me l’idea di “non valere abbastanza” da meritare l’impegno da parte dell’altro o il giusto riconoscimento per il mio lavoro.
Insomma, ho iniziato a dare per scontato ciò che sono, che valgo, quello che posso fare e l’unicità del mio essere.
Poi le cose sono cambiate: la parte di me che nel tempo aveva vissuto in regime restrittivo, privandosi di molti piaceri, ha iniziato a lasciare il posto ad una nuova me stessa, fermamente determinata a ricevere. Inutile dire che sono finita nell’estremo opposto e che, la mia incapacità di chiedere ha assunto le forme della pretesa.
Anche questo, ora me ne accorgo, è sciocco: nessuno ci deve niente, nemmeno quando siamo dalla parte della ragione e ciò che rivendichiamo ci appartiene.
Pretendere è quindi l’altra faccia del non saper chiedere.
Sono state le pratiche, la riflessione filosofica e la meditazione ad insegnarmi che esiste un’alternativa: si può imparare a chiedere.
E, nel mio caso, questo è avvenuto in cinquepassaggi.
- Primo, legittimandomi a ricevere. E, per farlo, ho dovuto smantellare (lo faccio ogni giorno, ad essere onesta) sistematicamente un profondo senso di colpa che, ancora oggi, non so da dove avesse origine e che mi costringeva, per porvi rimedio, ad una sorta di iper-eccellenza che potesse compensare chissà quale imperdonabile mancanza ontologica!
- Secondo, diventando adulta: niente atteggiamento elemosinante, niente arroganza. Semplicemente esporre all’altro con assertività.
- Terzo, avendo rispetto dell’altro, ossia, tenendo sempre in considerazione che chi hai davanti spesso vive la tua richiesta come qualcosa che lo mette davanti ad un suo limite. Detto altrimenti: ciò che chiedi all’altra persona potrebbe essere proprio ciò che lei stessa, per mille motivi, è impossibilitata a darti.
- Quarto, soppesando le parole: facendo cioè attenzione ad esprimere ciò che vuoi (quanto spesso, invece di usare il linguaggio in modo costruttivo parliamo di tutto ciò che ci dà fastidio, che ci fa soffrire e ci lamentiamo per questo?) invece che alimentare situazioni che vorresti cambiare.
- Quinto: cercando di chiedere a chi ha invece che a chi non ha. Mi spiego: inutile rivolgersi proprio a chi sta elemosinando ciò che a te serve. Ogni persona ha dei talenti, delle risorse, delle cose (materiali o immateriali) che può donare, perché ne possiede in abbondanza. Chiedetemi un sorriso, ve ne darò un’infinità, chiedetemi di inserire dei dati in un pc e dovrete ricontrollare il lavoro! Insomma, meglio andare dove ciò che cerchiamo prospera.
Sono suggerimenti, certo, accorgimenti che però possono fare la differenza e che, soprattutto, possono toglierci da situazioni che, alla fine, ci costringono in situazioni che non fanno altro che alimentare la sofferenza o l’errata convinzione che in noi ci sia qualcosa di sbagliato.
La via di uscita, quindi, non è rifugiarsi in un finto ideale di assoluta indipendenza, ma saper dare con gioia ciò che possediamo (il nostro talento), mettendolo a disposizione degli altri e realizzando così la nostra missione personale e chiedere con altrettanta gioia ciò di cui abbiamo davvero bisogno (che spesso non coincide con ciò che vogliamo) a chi sarà felice di condividere.
A settembre, al corso Soul Evolution, parliamo anche di questo: di tecniche e strumenti per sciogliere le resistenze emotive nel chiedere e per aprire tutti i canali affinché l’Universo, nella sua abbondanza, porti prosperità nella nostra vita.
Iscriviti subito, i posti sono limitati!
Con gioia, gratitudine e mille sorrisi,
Valeria