“Che cosa ho voglia di fare?”
Mi piacerebbe che questa fosse la domanda-guida che orienterà le mie scelte e le mie azioni nel 2014.
Nel coltivare questa domanda da qualche giorno a questa parte, ho sentito crescere dentro di me una sensazione di libertà e, al tempo stesso, di spiazzamento: prendere le distanze da ciò che siamo abituati a credere di volere, da ciò che pensiamo ci piaccia o ci renda felici, lasciare andare il “dover fare” e anche il “dover volere” per stare faccia a faccia con la nostra domanda e con la possibilità che la risposta non sia scontata o che non arrivi affatto..beh, mette un pò di ansia!
Avere la libertà di fare ciò che si vuole presuppone liberare la mente da tutte le risposte preconfezionate e confrontarsi con il vuoto o con l’insieme delle infinite possibili risposte. E’ come avere davanti a sè l’orizzonte delle infinite possibilità e, invece di avere una rotta prestabilita, lasciare che la direzione si manifesti da sè: serve una grande fiducia nel processo!
Pensare che questo sia il criterio che guida le nostre azioni e le nostre scelte, poi, beh, è un cambio di prospettiva radicale! Implica la possibilità di cambiare, di scoprire che ciò che abbiamo sempre creduto di volere non sia ciò che vogliamo ora, che ciò che siamo convinti ci piaccia, improvvisamente non ci interessa più. E’ la presa di coscienza dell’incessante divenire, del mutamento, del nostro essere in cammino, delle nostre morti e rinascite.
“Tutto scorre”, avrebbe detto Eraclito: ogni giorno è un giorno nuovo e noi stessi siamo nuovi di giorno in giorno, dobbiamo semplicemente prenderne atto e prendere atto che la rotta e le risposte che cerchiamo sono già dentro di noi.
LA PRATICA:
Ogni occasione è utile per fare pratica: possiamo chiederci, ad esempio, che cosa abbiamo voglia di fare nel pomeriggio oppure che cosa abbiamo voglia di mangiare per pranzo o, ancora, se qualcuno ci invita ad uscire, possiamo chiederci se davvero ci va.
Ma possiamo anche estendere la domanda al nostro lavoro (“Che cosa ho davvero voglia di fare nella mia vita?” “Ciò per cui ho studiato è davvero ciò che ancora oggi mi fa sentire realizzato e appagato?”) o alla nostra relazione.
Una volta definito il tema su cui vogliamo interrogarci, possiamo chiudere gli occhi e, tenendo la melodia in sottofondo, iniziamo ad esplorare la nostra domanda.
Stiamo con ciò che la domanda suscita in noi: emozioni, sensazioni, paure.
Prendiamo atto ed accogliamo tutto ciò che arriva. Lasciamo che si crei uno spazio in cui fissiamo l’attenzione sulle sensazioni del corpo, senza preoccuparci di trovare alcuna risposta: quella arriverà da sè.
Porsi questo genere di domande è piuttosto impegnativo. Le risposte dell’anima potrebbero metterci davanti alla necessità di fare delle modifiche nella nostra vita o alla consapevolezza di aver agito spinti dal senso di colpa, dal senso del dovere, dalla paura, dall’attaccamento ad un’immagine di noi stessi e del mondo che ci siamo costruiti e con cui ci siamo identificati invece che sulla base delle nostre inclinazioni profonde.
Come sempre, l’indicazione è accogliere ciò che emerge: prenderne atto, anche se può essere doloroso, è sempre meglio che continuare a tenere la testa sotto la sabbia.
Quando sentiamo che l’esperienza è conclusa, ringraziamo per le indicazioni ricevute e promettiamo a noi stessi di farci guidare dal piacere, dal bello, dalla gioia, dalla consapevolezza.