“La persona orgogliosa vuole sempre fare la cosa giusta, la cosa bella. Ma poiché vuole farlo con le proprie forze, egli non è in lotta con l’uomo, ma con Dio”.
(Søren Kierkegaard)
Ci sono stati momenti, negli ultimi anni, in cui l’unica cosa che sono stata in grado di fare è stato andare avanti.
Mi sentivo su una giostra in movimento e sapevo che non avrei potuto scendere.
Vedevo la realtà attorno a me cambiare, i miei punti fermi crollare, le mie certezze distruggersi. E mi sentivo impotente e fragile.
Ma proprio la necessità di dover comunque, in qualche modo, vivere, mi ha portata ad attivare potenzialità che, altrimenti, sarebbero rimaste nascoste.
Sapevo di dover e voler tutelare me stessa, sentivo che, nonostante tutto, volevo bene a me stessa e volevo uscire da situazioni che mi facevano soffrire, sebbene, in quei momenti, sembrassero l’unica alternativa possibile.
Ma un certo istitnto di sopravvivenza ha fatto sì che proprio il cammino si sia rivelata la strada per salvarmi.
Camminare, scegliere, spoostarmi (fisicamente, emotivamente, mentalmente) dalle situazioni di disagio mi ha permesso di esplorare il mondo, di fare esperienze che mai avrei immaginato, di scoprire di saper fare e di saper essere più di quanto sospettassi.
La parte fragile, quella che ancora sente il peso di quei cambiamenti repentini e delle decisioni inaspettate e immediate che ho preso, ha ancora bisogno di cure ed ora che il tapisroulant si è fermato, ho tutto il tempo di dedicarle le attenzioni e le premure che merita. Di essere gentile con la mia parte più intima e di manifestarle tutta la mia gratitudine per essersi lasciata condurre verso la trasformazione.
Perchè solo così, oggi, mi accorgo di non aver mai dovuto temere nulla e che gli eventi esterni sono stati il modo attraverso cui la mia anima/il divino/l’universo/il caso (ad ognuno la libertà di scegliere il nome che meglio risuona) mi hanno condotta nel processo di espansione del sè.
Con affetto, stavolta verso me stessa,
Valeria